giovedì 5 maggio 2011

Il Pastore Tedesco


Questo, come avrete capito, non è un articolo che parla di cinofilia, ma di un capo di Stato ricchissimo, paragonabile allo sceicco del Brunei. La differenza tra i due è che Benedetto Sedicesimo è l’ultimo discendente di una dinastia di uomini potenti, mentre i vari sceicchi arabi, con i bagni dai rubinetti d’oro, erano pecorai fino a poco tempo fa, finché non scoprirono il petrolio nel sottosuolo delle loro aride contrade.
Gli sceicchi di Dubai e dintorni sono laici, mentre i papi della chiesa di Roma dichiarano di essere persone religiose a capo di una dottrina che propugna la povertà. Come siano riusciti a conciliare la teoria con la prassi è uno dei misteri dolorosi della fede cristiana. Nonostante l’incongruenza e l’ipocrisia tra il dire e il fare e nonostante la dinastia papale abbia una storia violenta costellata di tradimenti, furti, massacri e guerre per il potere, milioni di fedeli si mostrano tuttora affascinati dal carisma dimostrato dal pontefice e dal suo apparato. 
 
Dev’essere il fascino perverso della borghesia, per citare Luis Bunuel (1), moltiplicato per mille. Se i ricchi esercitano un’irresistibile fascinazione sui poveri, inducendoli a provare invidia, i ricchissimi stregano addirittura il basso popolo, senza che esso provi il benché minimo rancore, essendo i monarchi visti quasi come semidei, circonfusi di sacralità e inattaccabili da qualsiasi malevolo sentimento.
Quasi negli stessi giorni in cui abbiamo visto folle entusiastiche andare in visibilio per le nozze di due giovani rampolli della monarchia britannica, abbiamo assistito all’oceanica partecipazione alla beatificazione di Giovanni Paolo Secondo, a Roma, e alla visita di Benedetto Sedicesimo ad Aquileia e a Venezia. In tutti i casi, la gente ha dimostrato una specie di culto della personalità, come se avesse voluto partecipare a eventi storici e poter in seguito dire: “C’ero anch’io!”.
Se dovessimo dare ascolto a David Icke (2), dovremmo concludere che sia i monarchi inglesi che il Papa di Roma sono rettiliani sotto mentite spoglie, e quindi dotati del fascino del serpente, ma una spiegazione più razionale del perché re, papi, presidenti e imperatori attirino la venerazione delle folle, sta nel fatto che dietro di essi c’è la Storia, la concorde convenzione popolare che siano persone speciali, con i riflettori puntati addosso, collocate tradizionalmente in ruoli rappresentativi e, soprattutto, il bisogno dell’essere umano di avere un capo a cui sottomettersi. Si tratta di un’esigenza atavica a cui l’uomo moderno non vuole o non sa rinunciare.
Ad un’analisi obiettiva, le malefatte dei regnanti inglesi, come pure di altre nazioni, sono meno sgradevoli di quelle compiute dai papi cattolici, perché questi ultimi hanno agito con l’inganno e l’ipocrisia, mentre re, cesari e imperatori esercitavano il pugno di ferro sui sudditi senza ammantarsi di carità cristiana o moralismi di vario genere e s’inebriavano del potere e delle ricchezze senza infingimenti.
I papi invece godevano delle stesse prerogative e vivevano nel lusso esattamente come i regnanti secolari, ma dicevano di farlo per il bene del popolo e seguendo le orme di Cristo. Per molti secoli, la popolazione non poteva leggere la Bibbia, doveva fidarsi di quanto veniva insegnato loro dai preti e quindi è giustificata se non ha trovato il coraggio di protestare contro il clero ricco e pasciuto. Chi lo fece, ed erano uomini di chiesa onesti e coscienziosi, fu messo a tacere subitaneamente. Vedasi, uno per tutti, fra Dolcino. Ma quando, dopo Lutero, il popolo ha cominciato a leggere la Bibbia, apprendendo del messaggio di povertà lanciato da Cristo, la gente ha continuato ad accettare la corruzione, lo sfarzo e la ricchezza del clero, limitandosi a mugugni privi di mordente, vezzo in auge soprattutto presso le sette protestanti. Oggi la gente non è più giustificata e l’unica spiegazione che posso trovare a tanta venerazione malriposta è una specie di ipnosi collettiva simile a quella che porta milioni di occidentali a credere che le torri gemelle siano state abbattute da Bin Laden o che gli americani nel 1969 siano effettivamente sbarcati sulla luna. La gente crede pedissequamente perché sono le autorità costituite a dirlo.
Solo il palco su cui celebrare messa, nel parco di San Giuliano a Mestre, è costato 380.000 euro, mentre la spesa totale per i due giorni del pontefice in Veneto e Friuli ammonta a un milione e mezzo di euro, ricavati – si dice – interamente dalle collette fatte in una quindicina di diocesi. Una bella sommetta, che ha sollevato critiche, anche da parte di persone credenti, su come si sarebbe potuto spendere diversamente, per i poveri, tale….bendiddio. Al che si potrebbe citare la frase che Gesù disse a chi sollevava la stessa obiezione, mentre la Maddalena gli ungeva i piedi con unguenti profumati: “I poveri li avrete sempre con voi, ma non avrete sempre me!”.
E’ vero, non avremo sempre con noi Benedetto XVI. Per fortuna! Ma se ogni papa o vescovo o cardinale è indulgente con se stesso quando si tratta di comodità e di mollezze edonistiche, mi viene da pensare che, tutto sommato, il messaggio di povertà di Cristo non è poi quel grande principio etico che si pretende sia, poiché lascia spazio a un’infinità di deroghe, postille e scappatoie. Insomma, una regola etica simile a un colabrodo, che fa acqua da tutte le parti, messa in pratica da Francesco d’Assisi e dai suoi poverelli più che altro come elemento folcloristico e per fornire giustificazioni a tutti gli altri pasciuti religiosi.
Ma la non ottemperanza del voto di povertà, da parte del clero, non è la cosa peggiore di cui si sono macchiati nei secoli i rappresentanti di Dio in terra. Solo per prendere ad esempio alcuni papi veneti, il trevisano Benedetto XI, nato nel 1240, morì, dopo soli otto mesi di pontificato, non si sa se per indigestione o per avvelenamento (poiché l’autopsia non era ancora stata inventata), dopo aver mangiato un cesto di fichi. Il veneziano Paolo II, nato nel 1464, morì non si sa se per indigestione di melone o per infarto cardiaco mentre s’intratteneva intimamente con un paggio, a conferma che la pedofilia presso i religiosi ha un’antica tradizione. Clemente XIII, anche lui veneziano, morì nel 1769 probabilmente per avvelenamento e si sospetta che anche papa Albino Luciani, che regnò sul soglio di Pietro per soli trentatrè giorni nel 1978, venne avvelenato.
La qual cosa, se si pensa che la chiesa cattolica è, politicamente, la quintessenza della conservazione, si rivela alquanto verosimile, visto il forte attaccamento per la tradizione, senza dimenticare che essa ha una struttura piramidale e una logica del tutto simile a quella di qualsiasi altra monarchia. Troppi intrallazzi e intrighi di corridoio rendono il Vaticano inviso a molti fedeli sinceri e onesti, che vorrebbero una chiesa di popolo piuttosto che una chiesa di gerarchi. Ma intanto non fanno niente per cambiare le cose, limitandosi a brontolare e accorrendo in massa al richiamo del pifferaio magico. Se si pensa a quei fischietti a ultrasuoni usati dai cinofili per richiamare i cani, è il nostro Pastore Tedesco, per una volta tanto, a usare un metaforico fischietto per richiamare migliaia di scodinzolanti cagnetti a due zampe. 

Nessun commento:

Posta un commento