giovedì 13 ottobre 2011

Alice e il cappellano matto



Siccome non leggo i quotidiani, né locali, né nazionali, non sarei venuto a sapere di un convegno interessante tenutosi nel mio Comune il dieci settembre scorso, se non avessi sfogliato distrattamente il mensile “Il Paese”, distribuito gratuitamente a tutte le famiglie della zona. L’incontro pubblico è stato organizzato da “Assisi Pax International”, un’associazione cattolica che si prefigge di diffondere la cultura della pace. E fin qui non ci sarebbe nulla di strano se non fosse per le cariche ricoperte da alcuni partecipanti al convegno. Se volete saperne di più, potete leggere l’intero resoconto qui:
…..ma vi consiglio di tenere a portata di mano un secchio per vomitare. Ci dev’essere qualcosa che non mi torna se ad essere premiati come diffusori di pace sono dei militari in carriera. Nel caso specifico si tratta del presidente locale dell’ANAC, Associazione Nazionale Arma di Cavalleria, insignito dell’Arbor Pacis, mentre al sindaco del Comune, che ha concesso i prestigiosi locali della Villa Manin di Passariano, è stata donata la Palma d’argento. A consegnare i premi, un padre cappuccino.
 
Se a fare amicizia con la casta militare sono i Gesuiti, fondati da Ignazio di Loyola nel 1534, che prima di diventare sacerdote era militare egli stesso, non mi stupirei, dato che “similis similem amat”, ma che a trafficare con soldati e affini sia un discepolo del Poverello d’Assisi mi fa un po’ riflettere. Va bene che anche Francesco d’Assisi partecipò all’assedio di Damietta, nel 1219, ma si narra che abbia cercato il dialogo con il comandante musulmano della piazza, Malik-al-Kamil, cercando le vie della diplomazia, ed è un fatto che, in patria, giunse al limite dell’eresia, fondando un ordine che risultava diametralmente opposto alla filosofia edonistica del clero dell’epoca. Papa Onorio III fu lì lì per scomunicarlo. Insomma, da un francescano, domenica 11 settembre, non mi sarei aspettato una messa di suffragio per le vittime americane delle torri gemelle, né per i nostri “martiri” di Nassirya. Eppure, così è andata!
Leggendo il resoconto asettico e lineare del convegno, non posso fare a meno di chiedermi se sono solo io ad accorgermi che c’è qualcosa che non va. Preti e soldati: un’antica amicizia. Sarà per quello che la gente non ci fa caso e trova normale l’aiuto che le due categorie si forniscono reciprocamente. Una mano lava l’altra e due centri di potere si spalleggiano l’un l’altro allo scopo di obnubilare le menti del gregge. I militari lo vogliono sottomesso con la forza; i preti con l’ipnosi e il raggiro. Gli uomini di Dio invitano alla rassegnazione e, con la scusa di stare vicino ai fedeli nei momenti estremi di pericolo della battaglia, s’inventano mille giustificazioni per la violazione del quinto comandamento e tradiscono in pieno il messaggio di Cristo.
Se glielo fai notare, come fece Don Lorenzo Milani, s’arrabbiano pure!
I militari si mostrano devoti, si fanno cresimare, prendono la comunione e si confessano dei loro peccati prima di andare all’assalto alla baionetta o di partire in missione per bombardare qualche villaggio di pecorai arabi. S’illudono vicendevolmente. Si prendono in giro da soli e lo fanno nelle tende piantate nel deserto afgano o nei lussuosi palazzi messi a disposizione dal sindaco. La gente ci crede. Beve la storiella della pace imposta con le armi. Mangia alla greppia del potere costituito che non può – per definizione – essere totalmente malvagio. Se dovesse capitare qualcosa di troppo scandaloso, di troppo stridente, invece di renderci conto del marcio in Danimarca, ci salveremo con un’altra storiella: quella delle mele marce.
A qualcosa bisogna pur credere e a messa non possiamo far a meno di andare. E allora gli perdoniamo anche la benedizione delle armi (ho una vecchia foto risalente agli anni Settanta in cui un prete cattolico maltese benedice i fucili da caccia), gli perdoniamo i sermoni retorici con l’alpino benedetto dal Signore e l’aviatore che vola sotto l’ala protettrice della Madonna. Gli perdoniamo tutto, ché male non fanno. Poiché gli alpini sono tanto buoni! Tanto solidali tra loro e con le persone in difficoltà. Ché se non c’erano gli alpini a tirar fuori la gente da sotto le macerie, dopo il terremoto del ’76…..
Retorica militare che s’intreccia con retorica religiosa. Tonache svolazzanti frammiste a divise luccicanti. Stole variopinte su tute mimetiche. Gesti benedicenti su agnellini in divisa genuflessi. L’archetipo cristico preso in giro da cappellani con le stellette. Il messaggio di pace propagandato da lupi vestiti da agnelli. Messaggio che rimane quello che è: flatus vocis. Ma che si traduce in odio manifesto in alto come in basso, fra i ministri e il basso popolo, nelle aspre e sprezzanti parole di un Sant’Ignazio La Russa e nel clacson pigiato rabbiosamente dall’anonimo automobilista all’indirizzo di noi manifestanti davanti alla base militare.
Chi è il mandante di tanta pervicace stupidità? Come si permette Cicchitto di chiamarci pacifinti? Come si permette l’automobilista di mostrarci il dito medio senza immaginare che invece potrebbe fermarsi e parlare con noi, davanti alla base militare? Non lo mangiamo mica!
Il ministro destrorso e lo stolto automobilista hanno chi li spalleggia; hanno il loro punto di riferimento e le chiacchiere al bar o alla buffè del Parlamento non fanno altro che convalidare le loro sciocche convinzioni. Ma soprattutto hanno l’esempio delle guide religiose, dei capi della Chiesa su tutti i livelli della gerarchia, che da un pezzo ormai hanno sdoganato la casta militare, nello stesso momento in cui si sono specializzati a fare vuoti discorsi patriottici, eurocentrici e pseudopacifisti, arrampicandosi acrobaticamente sugli specchi della bolsa e sonnolenta retorica istituzionale.
L’asservimento del clero al potere militare ha radici lontane. Noi ci scandalizziamo quando i Bush, padre e figlio (manca solo lo spirito santo) affermano che Dio è dalla loro parte (lo faceva anche baffetto nero, in Germania), ma ad inventare la commistione tra clero e soldataglia siamo stati noi italiani, molti secoli fa. Praticamente con Costantino e imperatori seguenti. Preti e soldati sono sempre stati culo e camicia e il paradigma di tale sodalizio forse può essere rappresentato dal Carroccio su cui si celebrava la messa mentre tutt’attorno gli uomini si scannavano [1]. Ciò avvenne nell’anno del Signore 1176, durante la battaglia di Legnano.
Da quell’anno il clero non ha mai smesso d’arruffianarsi con i militari: evidentemente ne aveva i suoi vantaggi, come pure gli altri, tanto che nel loro caso, questa luna di miele che dura da secoli, si può definire una specie di mutualismo, come avviene anche in natura, in molte specie animali che si aiutano vicendevolmente. Dunque, si può dire che preti e militari sono delle bestie e lo dico con il massimo rispetto per gli animali, ma anche con il massimo disprezzo per le due categorie umane.
Secondo me, ancora peggio della pedofilia, che è cosa semplicemente disgustosa e riprovevole, è questo perdono perpetuo concesso dai ministri di Cristo agli assassini di professione. Nel caso dei preti pedofili, ad andarci di mezzo sono stati qualche migliaio di bambini e bambine, ma nel caso dell’approvazione ecclesiastica alle guerre e a chi materialmente le compie, ci hanno rimesso milioni di uomini adulti, compresi anche migliaia di bambini. Tanto che l’associazione di cui sopra secondo me dovrebbe cambiare nome e chiamarsi “Assassisi Pax International”, che almeno, così, sarebbe più coerente.
L’iniziativa di solidarizzare con i carnefici e magari dopo, molto dopo, anche con le vittime, non nasce nella mente di un pinco pallino cappellano qualsiasi, ma nelle alte sfere. Nasce dal Pontefice, da tutti i pontefici, in virtù del proverbio che dice: “Il pesce comincia a puzzare dalla testa”. Lasciamo stare i papi del passato, i Borgia e simili, quelli che andavano a caccia e quelli che avevano i loro bordelli privati, quelli che organizzavano crociate contro eretici e infedeli e quelli che tramavano congiure e praticavano il nepotismo, quelli che morivano avvelenati e quelli che avvelenavano. Parliamo di un papa recente, il Karol di Polonia, tanto buono e tanto caro.
Come mai non ha avuto un briciolo di pudore a mostrarsi insieme a Pinochet [2] nel 1987? Non li leggeva i giornali? Nessuno gli ha mai parlato dei desaparecidos? E’ possibile che il vicario di Cristo in terra non abbia saputo di cosa si era reso responsabile Augusto Pinochet? Le madri della Plaza de Majo gli hanno scritto una lettera in cui si auguravano che, dopo morto, Dio lo mandasse all’inferno. Il suo successore, ex nazista dallo sguardo volpino, invece lo ha beatificato. Meglio non scontentare i fedeli ariani e pazienza per quelli cileni: si chiama real politik!
Il 10 settembre, a Codroipo, hanno voluto premiare il presidente locale dell’ANAC per “le diverse azioni culturali, umanitarie e di solidarietà svolte nella vita di ogni giorno”. Un maresciallo di cavalleria! Chissà cos’avrà mai fatto? Già che c’erano, potevano farlo santo direttamente! A consegnare il premio è stato un frate francescano, ma a tenere il discorso celebrativo si è scomodato niente meno che il vescovo di Pordenone. Il pubblico e i diretti interessati quando mai potrebbero essere sfiorati dall’idea che il convegno, il premio e tutte quelle vuote parole sono solo pura ipocrisia, una fiction televisiva trasposta nella vita reale, se a tenere bordone c’è addirittura un vescovo? Un rappresentante della gerarchia ecclesiastica? Nessuno che si senta un po’ a disagio? Nessuno a cui venga qualche dubbio che quella a cui assistono sia solo una volgare sceneggiata?
E poi, cos’avrebbe fatto di meritorio quel maresciallo insignito dell’Arbor Pacis? Nella pagina successiva del giornaletto leggiamo: “fedele allo spirito di solidarietà e aiuto del prossimo che contraddistingue l’Arma di Cavalleria, l’ANAC è da sempre vicina ai gruppi locali di volontariato tra le quali l’ANDOS, l’associazione Fabiola e La Pannocchia”.
Accidenti! Cosa aspettano a proporlo per il Nobel per la Pace?
Mi viene in mente che certi gruppi e certe categorie, con troppi scheletri nell’armadio, tentano in tutti i modi di rifarsi una verginità, presentandosi all’opinione pubblica per quello che non sono, cioè ammantandosi di una veste che non gli compete, nell’illusorio tentativo di accattivarsi le simpatie della gente. A volte gli va anche bene, purtroppo, a seconda della potenza di fuoco della propaganda che riescono a dispiegare. Così, le grandi associazioni a delinquere che costituiscono la struttura portante dello Stato, come l’esercito, dispongono dei telegiornali e dei mass-media cartacei, mentre le piccole associazioni a delinquere non ufficialmente o non del tutto infiltrate nei gangli del Potere, come i cacciatori, dispongono solo di limitati spazi sulle testate giornalistiche e di qualche deputato loro amico. Dietro entrambi, esercito e cacciatori, si celano le industrie armiere, che sono le vere padrone, insieme alle altre corporations, delle nostre vite.
O almeno così loro ritengono.
In tal modo, prendendo insegnamento dalla Madre di tutte le menzogne, la Chiesa, i militari si presenteranno all’opinione pubblica come paladini della pace. I cacciatori e i pescatori sportivi come paladini dell’ecologia. Gli insegnanti come i paladini dell’alfabetizzazione. I risultati saranno, nell’ordine, morti e feriti fra gli umani; morti e feriti fra i non umani; cervelli plagiati e succubi dell’autorità fra i giovani. E ho il sospetto di aver dimenticato qualche altro ingranaggio di questa immensa Matrix ingannevole.
Sarei propenso ad ammettere che, in seno alla Chiesa ci siano anche persone per bene, come Don Milani, Don Zanotelli e pochi altri ma, in tal caso, dovrei ammettere che ci siano persone per bene anche tra i militari, i cacciatori, i pescatori e gli insegnanti. Se i due sacerdoti citati possono essere definiti onesti e sinceri, in virtù delle loro opere, quali opere buone fanno tutti gli altri? Distribuire caramelle ai bambini afgani, come fanno i nostri soldati, è sufficiente? Restaurare una chiesetta di montagna o pulire i corsi d’acqua, come fanno cacciatori e pescatori, è bastante? Insegnare che nel 1492 Cristoforo Colombo scoprì l’America, come fanno le maestre, produrrà un cittadino coscienzioso?
Io penso che tutti loro, militari, cacciatori, pescatori e insegnanti, trovando facilmente giustificazione per il proprio operato, illudano se stessi di essere a posto con la comunità, di essere amati e rispettati, di costituire la parte sana della società, mentre ai due sacerdoti e agli altri missionari che qualche cosa di buono fanno effettivamente, posso avanzare la critica che, con la loro presenza, avallano l’intera organizzazione di cui fanno parte.
Restando ancora in servizio per la Chiesa, diventano funzionali ad essa e impediscono alla gente di capire la differenza tra il bene e il male, nello stesso modo in cui i cappellani militari diventano funzionali alle stragi compiute durante le guerre, impedendo alla gente di capire che se si vuole la pace, si deve preparare la pace. Si vis pacem, para pacem.
E’ grazie alla presenza di preti onesti al suo interno che la Chiesa ha potuto perpetuare l’inganno per tanti secoli, diventando ricchissima e tenendo il popolo nell’ignoranza. Come disse l’evangelista Giovanni: “Gli uomini preferirono le tenebre!”.
Esattamente questo ha fatto la Chiesa: ha tenuto e sta tenendo la gente al buio, in senso spirituale. E in quest’opera tenebrosa, i cappellani matti, dopo aver ammazzato Alice, si dimostrano i più esperti.


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