mercoledì 15 febbraio 2012

Savoia de lavorà



“Perché chi oggi verserà il suo sangue per me, sarà per sempre mio fratello; perché per quanto possa essere umile di nascita, questo giorno lo nobiliterà; e quei nobili che in Inghilterra ora dormono ancor nei loro letti, si dovranno reputare sfortunati per non essere stati qui quest’oggi, e si dovranno sentire sminuiti persino nell’essenza d’uomini, quando si troveranno ad ascoltare alcuno ch’abbia con noi combattuto il dì di San Crispino”
William Shakespeare
“Enrico V – atto IV


“Voia de lavorà saltami addosso. Lavora ti che mi no posso”, dicono in Veneto, riferendosi in genere ai meridionali. A dettare le indicazioni su cosa renda nobile un essere umano sono sempre i padroni, dall’insegna posta all’ingresso del campo di Auschwitz, al primo articolo della Costituzione Italiana, fino al re Enrico Quinto d’Inghilterra. Tutti fissati con il lavoro - benché loro si guardino bene dal praticarlo - e l’eroico sacrificio per la patria. Della serie: “Ognuno è frocio col culo degli altri!”.


Il lavoro inteso come sacrifico e lotta giornaliera per il pane, che va via via aumentando d’intensità e di presunta nobiltà nei momenti topici della guerra, quando l’umile e anonimo cittadino viene chiamato ad immolare se stesso sui campi di battaglia. Almeno, questo era valido ai tempi di Enrico V, prima dell’invenzione e successivo impiego delle armi atomiche. Poi, a dare una mano, arrivano anche i bardi cantori come Celentano, tirando in ballo il sesso come mercede della fatica (chi non lavora non fa l’amore), idea che alla lontana ricorda il riposo del guerriero: il piacere del sesso come ricompensa per aver massacrato i nemici, se sopravvivi. Sesso, lavoro e guerra. Variazione sul tema del sesso, droga e rock and roll.
Tutto, ad majore gloriam dei. Che poi in realtà a trarne profitto è il re, il tiranno o il padrone di turno, a volte militarmente chiamato capitano d’industria. Capitano? Se lui è un capitano, gli operai cosa sono, fanteria?

Chi è dunque, come in quest’ultima trovata del principe circense, che trae profitto dall’impiego di un testimonial d’eccezione, di sangue reale? Ma è ovvio, il business del circo! Il malefico potere che tiene schiavi uomini e animali, gli uni incatenati alla catena di montaggio, gli altri alle catene della schiavitù, affatto metaforiche, sta giocando tutte le sue carte. E non da ora. Imbonire, persuadere mellifluamente, ipnotizzare, ridurre in poltiglia il cervello e annientare la compassione delle masse di utenti omuncoli, che dovranno di volta in volta riempire le fabbriche e i campi di battaglia, diventando schiavoratori e carne da cannone: questo è il millenario programma stabilito illo tempore dagli Anunnaki per noi.
Senza però dimenticare il cosiddetto tempo libero, durante il quale dovremo riempire gli stadi di calcio e i tendoni del circo, quando caso mai volessimo abbandonare lo schermo televisivo, e assistere nel secondo caso all’umiliazione della natura selvaggia, monito inconscio della potenza dei padroni del mondo, del loro dominio su di noi, e memento mori della riduzione in ulteriore schiavitù, sempre incombente.
Allo spettatore si dirà, fra le righe, tra la pagliacciata di un clown e il volo d’angelo di un acrobata: “Non t’azzardare a ribellarti, se
no ti faremo saltare attraverso il cerchio di fuoco o, se sei fortunato, ti faremo tenere sul naso, come le foche, un pallone variopinto!”.
E il signor Rossi di turno, con tanto di bambini al seguito, si compiace di avere almeno qualcuno al di sotto di lui, nell’idea gerarchica di società stratificata, con papi, presidenti e monarchi in disuso in cima e lui, povero Fantozzi anonimo e sempre umiliato, in basso, ma non così in basso come l’elefante a testa in giù o la tigre in mezzo alle fiamme.
Hai capito Fantozzi? C’è chi sta peggio di te e dunque non ti lamentare! E già che ci sei, mostralo anche ai tuoi bambini, alla tua Cita, che presto dovrà seguire le tue orme in fabbrica, se sarà fortunata e se noi ci degneremo di assumerla.
A svolgere il lavoro di propaganda, non scendono in pista direttamente i capitani d’industria, perché hanno mille altre cose da fare, ma lo fanno fare a testimoni d’eccezione, ad aristocratici addirittura, benché decaduti. Che umiliante fine: da monarchi a giullari! Che si guadagnino il pane e la cocaina, dicono i capitani d’industria. Mica possiamo lasciarli gozzovigliare in perpetuo, questi aristocratici viziati e sfaccendati. Che si rimbocchino un po’ le maniche anche loro! Per l’isola dei famosi c’è sempre tempo.
E poi, ve l’immaginate la bella occhialuta Marcegaglia a spazzare la segatura del circo? Siamo persone serie, per Dio, noialtri capitani d’industria! Abbiamo una nazione (di omuncoli) da mandare avanti, mica stiam qui a pettinare bambole e a ballare sotto le stelle!
Quello lo lasciamo fare ai parassiti di sempre, lasciandogli credere di avere il sangue di un colore tendente al blu, mentre sono dei degenerati che si accoppiano tra cugini, con serie conseguenze per il loro Q.I.
Eppure, Emanuele Filiberto non sembra un cattivo ragazzo. Lo trovo un po’ meglio di quel pipinotto di Lapo Elkan, edonista vecchio stile e parcheggiatore in divieto di sosta. L’unica cosa che hanno in comune è che entrambi sbagliano i congiuntivi, ma Emanuele ha più la stoffa del burattino di legno. Balocco, prima nelle mani dei genitori e, ora che è cresciutello, in quelle dei poteri forti. Mi fa anche tenerezza e se lo avessi come amico tenderei a proteggerlo, a prenderlo sotto la mia responsabilità, come un cugino scemo, come un Pinocchio in mezzo a migliaia di gatti e di volpi.
Già un altro famoso Rettiliano sangue blu e scaglie verdi faceva da sponsor al circo, quel Ranieri di Monaco innamoratosi della bella
attrice, storia romantica perfetta da dare in pasto alla folla adorante, quando ancora non avevano inventato le telenovelas.
Se non vanno a caccia in Romania e in Russia, come Juan Carlos di Spagna, o sulle Highlands di Scozia, come i rampolli militari Windsor, fanno da sponsor per il più infame spettacolo del mondo, come Ranieri del Principato e il nostro Savoiardo dallo sguardo spento. Ma se il marito di Grace Kelly poteva essere un’anomalia curiosa e inspiegabile, una bizzarria da debosciati blasonati, dove vive il nostro Emanuele Filiberto? Non li legge i giornali? Non ha mai avuto tra le mani una rivista della L.A.V.? E’ davvero così avulso dalla realtà? E la sua bella mogliettina non è stata capace di metterlo in guardia? In definitiva, che tipo di educazione ricevono questi aristogatti nostrani? (ma la domanda andrebbe bene anche per William ed Harry) Per dirla in modo popolaresco, Emanuele Filiberto ci sei o ci fai?
Da decenni stiamo protestando contro le torture subite dagli animali nei circhi. Poi arriva lui, il bamboccione laureato dopoi famosi 28 anni, gli mettono in mano una scopa e gli fanno un servizio fotografico. Bravo Emanuele, ti hanno fatto proprio un bel servizietto! Spero che prima o poi tu te ne renda conto. Ti sei giocato credibilità e simpatie di qualche milione di italiani, vegetariani e animalisti. Era meglio se ti limitavi a fare il ballerino o a spurgare le fogne. E invece ti sei prestato alle manovre degli Illuminati, lanciando in maniera subliminale lo stesso messaggio che Monti e Fornero, senza sbagliare congiuntivi, lanciano esplicitamente: che il lavoro sporco nobilita l’uomo e che presto manderemo a casa pakistani e cingalesi e al loro posto metteremo i figli di papà D.O.C. con o senza laurea, ché tanto fa lo stesso. Per rimuovere sterco d’elefante non serve!
Se poi una parte d’opinione pubblica s’impietosirà per i poveri immigrati scacciati, rimandati nei loro paesi d’origine, gli si porrà il classico ricatto occupazionale: “Preferisci far lavorare loro o tuo figlio disoccupato?”. E il sensibile cattocomunista chinerà la testa, con una lagrimuccia repressa negli occhi. La Lega Nord farà brindisi di gioia.

E se una parte ancora più piccola d’opinione pubblica s’impietosirà per i poveri elefanti maltrattati, condannati all’ergastolo e a fare stupidi esercizi, gli si risponderà stizziti: “Da che mondo è mondo, gli animali sono sempre stati al nostro servizio. Voi mangiatevi il vostro tofu e non rompete i coglioni!”.
Mi scuso per la volgarità dell’espressione, che sono stato costretto a riportare, ma i padroni del mondo quando vogliono, spesso e volentieri, sanno essere volgari come il volgo più becero, rispecchiando verbalmente la loro vera natura di rettiliani e la discendenza merovingica.
Io sogno un mondo di giustizia dove uomini e animali possano vivere fraternamente e dove le caste e le gerarchie siano finalmente abolite. Dove i re non mandino a morire ad Agincourt i loro sudditi, trafitti da mille frecce, e i deportai nei campi di prigionia non vengano sbeffeggiati con insulti cartelli in ferro battuto.
Ma invece, per il momento, i tenebrosi Illuminati sembra facciano di tutto per spingere al massimo i loro sforzi, con esiti disastrosi per l’umanità, in direzione del baratro finale. E si avvalgono di ogni mezzo, compresa la strumentalizzazione d’individui con diluito sangue blu e scarsa materia grigia, messi a lavorar di ramazza per una specie d’esperimento omeopatico: curare il simile con il suo simile.
Un uomo con la testa piena di segatura è il più adatto a spazzarla.

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