lunedì 4 febbraio 2013

Fauna da mercatini

Cividale, insieme ad Aquileia, è uno dei gioielli dell’archeologia friulana. E’ lì che partecipai al mio primo mercatino in assoluto, nel lontano 1997. Due anni prima era nata mia figlia, che, al compimento del suo primo anno di vita, era stata portata a Trieste da sua madre, che doveva riprendere il lavoro. Soffrendo per questa duplice separazione (avevo perso moglie e figlia in un colpo solo), preso dalla disperazione mi rivolsi ad un avvocato divorzista, illudendomi che il giudice del tribunale dei minori avrebbe rimediato a quella che percepivo come un’immensa ingiustizia nei miei confronti, senza sapere che di norma, a meno che la madre non sia pazza, drogata o detenuta, i figli piccoli vengono sempre affidati alla genitrice.
Inutile accennare a quale fu il mio sconcerto nel vedere che non solo la magistratura non mi restituiva mia figlia, ma mi obbligava a passarle gli alimenti, corrispondenti a 300 euro al mese.
Poiché ero dipendente statale, i giudici disposero che dal mio stipendio, a monte, venisse tolta tale cifra e trasferita sul conto della persona che in quel momento odiavo con tutte le mie forze: la mia prima moglie triestina.

Essendo sempre stato per natura refrattario a qualsiasi tipo d’imposizione, benché tutti mi dicessero che i soldi servivano per il mantenimento della bambina, cominciai a prendere in considerazione l’idea di licenziarmi, così da chiudere il rubinetto e fermare l’iniquo salasso. Cominciai a guardarmi in giro in cerca di un lavoro che sostituisse quello d’impiegato in una segreteria scolastica, che fra l’altro non era neanche il mio vero lavoro, dato che in origine facevo l’insegnante elementare.
Provai con il corriere espresso DHL, dato che ero in possesso di un furgone, ma rinunciai dopo aver fatto il giro a bordo di un addetto professionista, sul suo mezzo, chiedendogli di farmi scendere dopo solo mezza giornata di prova: mi sembrava un lavoro allucinante, con ritmi frenetici del tutto estranei alle mie abitudini e al mio stile di vita. Non si può girare come trottole, fermando il furgone in luoghi improbabili, lasciando il motore acceso e andare a consegnare pacchi e pacchetti. Non è precisamente il genere di società a cui aspiro, anche e soprattutto filosoficamente.
Successivamente, andai perfino in provincia di Cuneo, presso un’amica animalista che mi avrebbe assunto nel settore della pubblicità, ma siccome per telefono non eravamo entrati nei particolari, quando giunsi da lei scoprii che si trattava di andare a mettere depliants pubblicitari nelle cassette della posta della gente, come fanno i pakistani e gli studenti italiani d’estate per raggranellare qualche soldino. Anche in quel caso dovetti rinunciare.
Così non mi restò altro da fare che provare con i mercatini delle pulci, considerato che mio padre da sempre aveva avuto la passione per l’antiquariato e aveva accumulato parecchia roba vecchia in ogni angolo della casa, con grande disappunto di mia madre, ovviamente. Cominciai con la sua benedizione, mettendo in vendita le cose di cui era disposto a liberarsi. E cominciai proprio a Cividale, con quel mercatino che ancora oggi si chiama “Il baule del diavolo”, poiché prende spunto dal Ponte del Diavolo sul fiume Natisone.
Mi accorsi ben presto, dopo aver allargato la mia partecipazione ad altri mercati, che lavorando quattro giorni al mese, tante quante sono di norma le domeniche, non si ricava una somma tale da potercisi mantenere. Ed erano anni normali, in cui la gente spendeva e non aveva paura a farlo. Figuriamoci oggi con il terrorismo psicologico a suon di crisi economiche, con cui veniamo quotidianamente bombardati.
Estesi la mia partecipazione ai mercatini di Gradisca d’Isonzo, San Daniele del Friuli e pure in Veneto, a Godega di Sant’urbano e a Portobuffolé, entrambi in provincia di Treviso. Io, nel frattempo, avevo chiesto un anno sabbatico alla scuola, e questo già aveva chiuso il rubinetto dei soldi alla mia odiata moglie, ma fu solo nel 2003 che decisi di fare il grande salto, cioè di licenziarmi. E ciò avvenne grazie al fatto che l’anno prima avevo conosciuto una miliardaria, anche lei animalista, che mi propose di lavorare per lei, mentre in realtà intendeva farmi suo schiavetto e gigolò, nonché mettermi in uno stato di dipendenza nei suoi confronti. I miliardari hanno la tendenza a monetizzare anche le persone con cui hanno a che fare.
Sapendo il rischio che correvo, decisi di accettare la sua offerta e mi licenziai, chiudendo una volta per tutte il capitolo dei salassi dal mio stipendio, a cui i giudici di Trieste mi avevano sottoposto senza il mio consenso.
A mio padre, quando lo venne a sapere, sarebbero venuti i capelli bianchi se già non li avesse avuti. Lui che per quarant’anni aveva svolto quell’onesta professione d’insegnante di cui parla Antonello Venditti in una delle sue canzoni.
Inutile dire che il rapporto con la miliardaria finì malamente nel giro d’un paio d’anni e mi ritrovai disoccupato benché non precisamente con l’acqua alla gola. Avevo infatti percepito la buonuscita dei ventiquattro anni d’insegnamento, fra precariato e ruolo, che bene o male avevo alle spalle. E poi c’erano ancora i miei genitori che costituivano una sorta di rete di sicurezza, come quelle degli acrobati dei circhi.

Sono passati dieci anni da quando mi sono licenziato dalla segreteria scolastica di Comeglians e non sono per niente pentito di averlo fatto. La figlia ormai è quasi diciottenne. La moglie ha ripreso a farsi vedere e io non provo più alcun rancore nei suoi confronti, tanto che andiamo alle manifestazioni animaliste camminando e chiacchierando senz’alcuna acrimonia. Al momento ho ancora qualcosa da parte, ma non ditelo al signor Monti se no se li vuole prendere per trasformarli in benzina Avio per le scie chimiche. Dimentica, il Vampiro Impostore, che quei soldi non sono suoi, né del farabutto Stato italiano, ma sono frutto delle mie fatiche scolastiche e delle vicissitudini che ho vissuto in diverse scuole, alle prese con i genitori degli alunni, gente per lo più ignorante e cattiva. Diteglielo, per piacere, se vi capita d’incontrarlo.

Al momento attuale vado ancora ai mercatini, compreso quello di Cividale, e lo faccio nella speranza di poter tornare a casa con una cifra che si avvicini ai cento euro, cosa che succede sempre più raramente. Se prima ne facevo uno ogni domenica, ora ho ridotto la mia partecipazione solo a quello di Cividale, la quarta domenica di ogni mese, e di Cervignano, la prima.
Anche se di norma non supero i 50 euro d’incasso, vale la pena d’esserci perché è un modo per vedere un po’ di mondo, lasciando da parte per qualche ora il computer. Oltretutto, a Cividale sono in compagnia di colleghi simpatici, di tre dei quali voglio parlarne qui.
Quello con il banchetto alla mia sinistra è un polacco di nome Jazeck. A volte viene con sua moglie, ma domenica 27 gennaio era solo. Non manca mai qualche bottiglia di alcolici sotto la sua bancarella e insiste a rendermi partecipe delle sue bevute. Domenica aveva una bottiglia di slivovitz fatto in casa e comprato da uno sloveno che fa sempre il giro dei mercatini con la sua mercanzia, probabilmente illegale.
Sua moglie mette in vendita colli di pelliccia come s’usano nei paesi dell’est, mentre Jazeck vende roba costosa. Sono oggetti rituali ebraici provenienti dalla Russia; non solo il candelabro a sette braccia, ma anche quei bastoncini che terminano con una manina e che i rabbini usavano – e forse usano ancora – per voltare le pagine dei loro testi sacri. Non potendo toccarli con le impure mani, hanno inventato un bastoncino apposito. Ci sono sul banco di Jazeck anche quelle scatoline metalliche che i rabbini si legano sulla fronte e che contengono brani delle loro sacre scritture. Altri oggetti sono coppe e monili d’argento, dal considerevole valore pecuniario. E’ difficile che in un mercatino dell’usato capiti il cliente danaroso che glieli compri, ma lui ci prova sempre e non è per niente avvilito, a differenza del sottoscritto, quando se ne torna a casa a Fiumicello senza aver venduto nulla. Nella foto si vede mentre si cambia i pantaloni in pubblico, standosene seduto e ovviamente è dell’estate scorsa. Lui pensa che io sia finocchio e gli piace venirmi alle spalle e gridarmi nell’orecchio se voglio un po’ di vino o di liquore. Ovviamente mi fa sobbalzare e si diverte un sacco. Mi ricorda il domestico asiatico della Pantera Rosa, interpretata da Peter Sellers, che aveva ricevuto l’ordine di assalire all’improvviso il suo datore di lavoro, quando tornava a casa, per mantenergli pronti i riflessi. A parte il fatto che odia zingari e africani, per il resto è una brava persona. Fa pochi affari comunque, con i suoi carissimi oggetti rituali ebraici, rubati in chissà quale sinagoga russa o polacca.

Il banchetto alla mia destra è di Carlo, che viene sempre con la sua immancabile Nepa, una cagnetta nera, smilza, nevrotica e timorosa, per quanto il suo tutore invece è rilassato e socievole. E anche un po’ tarchiato. Non solo se la prende in braccio e dà pubblica dimostrazione di quanto  sia ubbidiente, ma a volte le fa fare anche numeri da circo mettendole una sigaretta in bocca, ma solo per un attimo. La foto del cane con la sigaretta, da me postata su Facebook, non ha mancato di creare allarme presso qualche amicizia animalista, in quelle ragazze che hanno i nervi scoperti sul maltrattamento degli animali e sono sempre in allarme.
Carlo fra le altre cose vende fionde. Non solo le costruisce ma organizza e partecipa a gare di tiro con tale rudimentale strumento. Quando, parlando del loro utilizzo, gli ho chiesto se tra i bersagli delle sue fionde  rientrano anche gli uccelli, si è affrettato a rassicurarmi che mai e poi mai mirerebbe a un essere vivente e conoscendolo per essere una persona pacifica e gioviale, sono disposto a dargli pieno credito. D’altra parte, una volta venduta una fionda ad un cliente, non si sa mai in che mani finisca. Carlo divide il banchetto, con mercanzia di scarsa qualità costituita prevalentemente da soprammobili e casalinghi, con una signora di nome Paola, ma non avendo una sua foto non ne parlo. Entrambi formano comunque una coppia estremamente piacevole da frequentare, benché tra loro ci sia solo un rapporto d’amicizia e collaborazione. Anche sotto la loro bancarella non manca mai del vino.

La terza collega di cui intendo parlare si chiama Silvia Riga e dispone le sue cose davanti al mio banco, indi per cui ho ogni mese tutto il mio agio di osservarla. E devo dire che ci sa fare. E’ veramente brava con i clienti. Fa sempre ottimi affari perché vende vestiti nuovi e a volte anche elettrodomestici funzionanti, a differenza della mia strumentazione che per lo più è rotta.
Il fatto è che io sono un musone, mentre Silvia è una ragazza solare che ride e si avvicina amichevolmente ai clienti stimolandoli a comprare. Cosa che io non faccio mai, perché preferisco che ognuno faccia le sue scelte senza intromissioni da parte mia. Del resto, se si vuole vendere, bisogna anche invitare la gente a provare il capo di vestiario oppure lodare la bellezza e il costo limitato di altri oggetti in quel momento sottoposti ad esame.
Domenica scorsa l’ho aiutata a portare la sua roba dal furgone al posto assegnatole, perché era arrivata in ritardo. Per prima cosa mi ha chiesto se la mia seconda moglie era partita e, avendo avuto risposta affermativa (Tina la malgascia ha preso l’aereo il 10 gennaio scorso per tornarsene a casetta sua), mi è sembrato che qualche spiraglio si fosse aperto in una eventuale possibile relazione. Per tutto il giorno, quando c’erano meno clienti da seguire, ci siamo scambiati qualche battuta. Si è avvicinata per degustare il liquore slavo di Jazeck e per offrire uno spinello che si era arrotolato. Ho scoperto che è madre di due bambine piccole e che stava per sposarsi ma all’ultimo momento qualcosa è successo con l’uomo che doveva diventare suo marito. Il suo lavoro abitudinario è donna delle pulizie e fa i mercatini solo per integrare gl'introiti.
Ho saputo che è stata in India una volta, mentre io due, ed entrambi siamo andati nel sud. Se mi concederà un appuntamento, magari per una pizza, le proporrò di fare un viaggio insieme in quel magico subcontinente, di cui mi elogiava la bellezza, e suggerirò di andare al nord, stavolta.
Non so quanti anni abbia, ma con il suo carattere allegro sarebbe un toccasana per la mia connaturata tetraggine. Vedremo. Non ho nulla contro le droghe leggere e neanche contro le ragazze frikkettone, anche perché in gioventù sono stato un frikkettone anch’io.
Si sta aprendo, forse, un 2013 positivo per me. 
Incrociamo le dita.






17 commenti:

  1. te lo auguro....................................

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  2. @ROBERTO,

    coraggio che il Tuo MONSONE di "sfortuna" stà per finire molto presto;
    l' augurio quindi è "CHE la FORZA sia con TE" Ti ricordi in che film è stata detta questa BELLA frase(!?),
    riguardo alle UNIONI tra UMANI ricordati SEMPRE il detto antico & saggio "MUCCHE & BUOI dei PAESI TUOI" e allora la SILVIA di dov'è lo sai !!!???

    MANDI
    da
    SDEI/Sergio

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    1. roberto,comunque piuttosto di trovar nà rotta de coi...i meglio da soli!!!!!!!
      vecchio detto:meglio soli che male accompagnati!!!

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  3. Come disse quel tale al cinema... Vedremo ; ) mandi salvadi. Sbilf

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  4. Un ringraziamento collettivo a tutti.


    Ma finora solo maschi hanno commentato.....


    Michy: "Beata solitudo, sola beatitudo" la lascio volentieri ai benedettini.


    Sergio: ma ora ti metti anche a cambiare i proverbi?


    Riga è un cognome friulanissimo, direi. Oltre ad essere la capitale della Lettonia, uno stato che dev'essere tutto un programma.

    :-)

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    1. Roberto, nel caso puoi andare sul sito di Fabio Marchesi che affronta il tema nel suo libro LA COPPIA ILLUMINATA:
      "Perché, nonostante tutti lo desiderano, è così difficile vivere una relazione di vero Amore, piena, appassionante, condivisa, appagante, fonte di Gioia reciproca e, soprattutto, longeva? Questo testo spiega sia perchè non ci si riesce sia cosa bisogna sapere e fare per poteci riuscire considerando anche aspetti, del tutto ingorati, mentali e "quantistici" (spiegati in modo estremamente semplice) delle relaziono di coppia che non vengono mai presi in considerazione.
      Le "normali" relazioni di coppia non sono di vero Amore: entrambi cercano in genere, più o meno esplicitamente, di imporre all'altro la propria visione della realtà. Entrambi si "caricano" reciprocamente di aspettative e cercano di prevedere e controllare il comportamento dell'altro affinché le soddisfi (cosa nella sostanza impossibile!). In questo testo l'autore descrive l'Amore consapevole come espressione di una vera "comunione di intenti", lo stesso principio che permette all'Universo di evolvere, in cui ogni elemento di se stessi, del partner e di tutte le persone "collegate" ad ognuno di essi hanno un valore ed una influenza : le parole, le azioni, ma anche i pensieri, le intenzioni, le aspettative, le paure e i desideri. Vengono descritte le dinamiche che intervengono (perlopiù inconsapevolmente) in ogni relazione affettiva, o potenziale tale, come l'entanglement: un fenomeno quantistico che coinvolge due o più individui e che si manifesta attraverso un condizionamento emotivo e del comportamento reciproco a distanza. Aspetti mentali (che l'autore definisce "devastanti")come il "modello neonato", applicato anche da molti adulti nelle proprie relazioni. La Coppia Illuminata è un nuovo modo di concepire qualsiasi relazione affettiva, spiega il perchè di molti "fallimenti" nei rapporti di coppia e introduce una sorprendentemente semplice tecnica autonoma per produrre un modello mentale, inizialmente puramente immaginativo, capace di preparare un individuo a pensare e vivere il "miracolo" di una relazione di coppia di Amore autentico, vissuta pienamente e nella Gioia : ciò a cui la natura dell'essere umano tende "spontaneamente".
      Mandi
      Laura

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    2. Grazie Laura per il tuo lungo intervento.
      Di Fabio Marchesi ho visto alcuni video quando frequentavo Stampa Libera. Non si può dire che non sia un tipo carismatico e le sue conferenze sono piene di....donne.
      Tuttavia, non mi convince molto perché dà per scontata l'esistenza dell'anima e tu sai, come sa anche Sergio Boschian, che dell'esistenza di questa cosa non sono ancora persuaso.
      Inoltre, penso che di libri che parlano dei rapporti di coppia ce ne siano una valanga e tutti i loro autori hanno la ricetta della felicità.
      Io penso che o la si possiede spontaneamente, e allora non c'è bisogno di leggere libri, o non la si possiede e la propria vita - e quella del partner - diventa una dannazione continua.

      Poi c'è il fenomeno del tutto naturale della crescita e svezzamento dei figli. Una volta che esso è avvenuto, vengono meno i legami per cui il maschio debba rimanere vicino alla femmina.
      Magari si tratta di meccanismi subconsci, per la nostra specie, però agiscono e le coppie si separano. Da questo punto di vista il matrimonio è contronatura, checché ne dicano i cattolici.

      Toglimi una curiosità: ma non sarai mica friulana, visto il saluto che hai usato?

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    3. No, non sono friulana, abito in Toscana, mia nonna era del Friuli e ho dei lontani parenti che vivono a Buttrio (UD), per questo ho usato Mandi.
      Ho postato il mio commento perchè avevi fatto notare che c'erano solo interventi maschili.... e così, visto le battute, ho pensato di contribuire con le riflessioni di quel libro che prende spunto anche dalla fisica quantistica per spiegare i rapporti di coppia.... come augurio, ecco!
      Laura

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    4. Grazie. Mi pare che me lo avevi già detto, che sei originaria di Buttrio.


      Ho scaricato il PDF, ma siccome è molto lungo ci vorrà del tempo prima di finirlo.


      Ciao

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  5. Lettonia, uno stato che dev'essere tutto un programma.
    solo x andare a divertirsi................è merce avariata.........un mio conoscente ci ha rimesso la salute oltre al conto in banca........ma come si dice chi è causa del suo mal.......
    chiaro che una 21enne con un 50enne italiano non è x amore!!!!

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    1. Lo vieni a dire a me, che ho sposato una malgascia di quasi trent'anni più giovane?!

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    1. Io mi sarei accontentato che si fermasse un gradino sotto, cioè che mi portasse rispetto e mi facesse da compagna. Niente di più, ma alla fine i nodi vengono al pettine e un rapporto parassitario non piace a nessuno.

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