lunedì 22 aprile 2013

Qualcosa si muove





Forse sull’esempio dei cinque attivisti olandesi che in pieno giorno sono entrati in un allevamento di cani beagles per la vivisezione, si sono fatti fotografare, hanno portato al sicuro i cagnetti e poi si sono consegnati alle forze dell’ordine, a Milano sabato 20 aprile cinque attivisti del coordinamento “Fermare Green Hill” sono saliti al quarto piano della facoltà di farmacologia e si sono barricati all’interno dello stabulario.
Le loro intenzioni erano quelle di rimanervi ad oltranza, senza sapere come sarebbero andate le cose, ma alla fine la loro occupazione è durata dieci ore.
Nel frattempo, all’esterno dell’università si era formata spontaneamente, grazie al tam tam del web, una folla di simpatizzanti, cosa che deve aver influenzato le decisioni della direttrice del centro di ricerca, nonché la linea morbida dei poliziotti sopraggiunti, che si sono limitati ad identificare gl’intrusi. 
L’evento ha dell’incredibile soprattutto perché la direttrice ha promesso che tutti gli animali presenti saranno consegnati agli animalisti, e non solo il centinaio di topi e i 17 conigli che i cinque attivisti avevano già messo negli scatoloni per portarli con sé.

A Bologna anni fa mi capitò quasi la stessa cosa: entrato una domenica mattina, con altre persone, nel macello comunale, ne uscii con un montone che era sopravvissuto alla strage di Pasqua e, sebbene poco fuori dal cancello qualcuno mi strappasse il cappotto per cercare di fermarmi, con me che correvo tenendo in braccio il grosso agnello, nessuno venne a cercarmi nei giorni seguenti e nessuno di noi ricevette avvisi di garanzia. Anche il conducente della macchina su cui avevo caricato la pecora non fu raggiunto dalla polizia che si era messa ad inseguirlo. Evidentemente, gli animali, da macello o da vivisezione, hanno talmente poco valore per i loro aguzzini che non vale la pena darsi da fare per recuperarli.
Tuttavia, a me sembra strano che un medico a capo di un dipartimento di farmacologia
possa prendere questa decisione senza il consenso dei suoi colleghi e dei ricercatori impegnati negli esperimenti, a meno che non l’abbia fatto sotto la pressione di un centinaio di manifestanti ostili e rumorosi, che magari gridavano slogan fuori dalla struttura.
Non sarebbe la prima volta che i vivisettori cedono gratuitamente ratti e topi agli animalisti, in particolare a Massimo Tettamanti che ha spesso contatti con i ricercatori, anche perché i roditori sono così prolifici che si sta poco a ricostituire il quantitativo di cavie necessarie.

Anche se eravamo a conoscenza dei metodi di lotta nonviolenta, in cui è previsto che le azioni vengano fatte alla luce del sole assumendosi le proprie responsabilità, ai miei tempi eravamo soliti entrare di notte nei laboratori, scassinando porte e finestre. Ci firmavamo A.L.F. come facevano i nostri colleghi in Gran Bretagna e in altri paesi anglofoni.
Nonostante la concitazione inevitabile dell’agire al buio, del timore d’essere scoperti e con solo qualche torcia da speleologi sistemata sulla fronte, riuscivamo a portar via in sacchi di juta e scatoloni molti animali, alcuni dei quali morivano in breve tempo per le ferite riportate in laboratorio o per la nostra imperizia, mentre altri si riproducevano tranquillamente nelle gabbie per essi predisposte, fino alla loro successiva finale sistemazione.

Avevo preso una stalla in affitto, per questo. Siccome il contadino che me l’affittò ora è morto, vale il principio Mors omnia solvit, oltre al fatto che i nostri reati sono caduti in prescrizione, dato che io sto parlando degli anni ’90.
Nei forum di discussione sul web in merito alle liberazioni di cavie, fatte alla luce del sole o a quella della luna, c’è sempre qualcuno che rimprovera gli attivisti di oscurantismo, cioè di voler far fare un salto indietro alla ricerca di cure per le malattie.
Si tratta ovviamente di un ragionamento specista, ben radicato nella mente di studenti di medicina ma anche di gente qualunque e l’unica risposta che si può dare a queste persone è il piombo delle pallottole.
Lo dico con cognizione di causa e dopo aver conosciuto simili ottusi individui da almeno una quarantina d’anni: tutti fatti con lo stampino e scontati nelle loro insulse obiezioni.
Io non starò a ripetermi all’infinito, perché con gli stupidi stare a discutere è tempo perso, ma posso qui spiegare ai miei affezionati lettori che la tortura inflitta agli animali nel chiuso dei laboratori va abolita per due grandi, principali motivi. Due scuole di pensiero entrambe valide.
Primo, per motivi etici, in quanto un essere umano non può piegare la propria umanità alle
motivazioni del profitto economico e, secondo, per motivi scientifici, in quanto i risultati ottenuti dalla tortura di piccoli mammiferi non sono predittivi per l’organismo umano.
Intanto va notato che gli esperimenti vengono fatti al chiuso, a differenza di Galeno che li faceva all’aperto, e ciò non per questioni di praticità e di asetticità ambientale,  ma per il fatto che se i vivisettori si permettessero di torturare cavie in luoghi aperti al pubblico, verrebbero fatti a pezzi dalla folla. Da me di sicuro, se capitassi da quelle parti in quel momento.
I sadici che nel Meridione d’Italia impiccano cani e gatti agli alberi, lo fanno stando ben attenti a non farsi vedere. I vivisettori lo fanno stando ben attenti a non farsi vedere da personale estraneo al laboratorio, ma siccome in entrambi i casi oltre ad essere sadici sono anche vanesi, si fanno le foto tra loro come i militari di Abu Graib e le mettono in rete, così che anche noi possiamo vedere le loro efferate prodezze.

I ricercatori sono talmente avulsi dalla realtà, come i nostri politici di Montecitorio, che pensano che tutto il mondo stia dalla loro parte e quando qualcuno solleva obiezioni al loro esecrando operato sono capaci anche di offendersi. Se poi qualcuno non si limita a sollevare obiezioni, ma gli saccheggia il laboratorio come ho fatto io molte volte, si mettono a gridare allo scandalo levando alti lai.
Si comportano come i cacciatori che, leggendo solo le loro riviste e frequentando solo i loro circoli, pensano di essere al centro del mondo e non hanno orecchi per tutti gli altri.
Nel caso della caccia, la maggior parte degli italiani è contraria e la pervicacia dei cacciatori è palese, ma nel caso della vivisezione non sappiamo se la maggior parte della gente è contraria perché le campagne propagandistiche delle industrie farmaceutiche, attuate da decenni con la collaborazione di tutti i mass-media, hanno prodotto l’ottimo risultato – per loro – di ottenere un esercito di minus habens ignoranti e cattivi, oltre che ingannati. Tra caccia e vivisezione, quindi, è solo un problema di percentuali, ma qualcosa sembra stia cambiando.

Nei laboratori vengono usati principalmente roditori, per la loro prolificità, anche se in molti
centri di tortura si usano i maiali, riconosciuti come molto simili all’uomo. In caso di lauti finanziamenti da parte di Stato e privati, si usano le scimmie, sempre con il pretesto di usare organismi il più possibile simili alla fisiologia umana. A questo punto, potrebbero superare la barriera e servirsi direttamente di esseri umani, come descritto nella migliore letteratura horror.
E infatti, senza troppo clamore, lo fanno, per lo meno nei casi di cui si è venuti a conoscenza: detenuti a cui vengono offerti sconti di pena se provano certi medicinali; orfani, anziani e malati di mente a cui gli psichiatri somministrano medicinali che non hanno finito la trafila della sperimentazione; popolazioni del terzo mondo a cui si fanno provare vaccini e altre diavolerie a loro insaputa.
Qualsiasi persona può diventare cavia dei vivisettori, anche i loro stessi connazionali, specie se si tratta di sperimentazioni militari, ché tanto abbiamo visto con le torri gemelle quanto rispetto le istituzioni abbiano nei confronti dei loro concittadini.

L’antropocentrismo di matrice religiosa offre la base culturale allo svolgersi di manipolazioni cruente in cui gli animali abbiano la parte di oggetti, mentre i ricercatori quella di soggetti. Siccome nella mente delirante dei vivisettori, che, come già accennato, perdono il senso della realtà entrando in un mondo tutto loro, la barriera psicologica del rispetto della vita umana è fragile, abbiamo avuto casi come il dottor Mengele che è passato dallo sperimentare su cavie animali allo sperimentare su cavie umane, perché le autorità naziste glielo consentivano. Poiché ufficialmente le autorità attuali, in queste democrazie che sono in realtà dittature occulte, non permettono la vivisezione su esseri umani, ecco che i ricercatori devono fare le cose di nascosto, nel momento in cui intravedono la possibilità di farla franca.
Se si tratta di strutture militari la faccenda è ancora più facile perché per esempio, con la scusa della sicurezza nazionale, negli USA sono state abolite molte garanzie per il cittadino e con la scusa della ricerca di nuove e più efficaci armi, si può soprassedere anche alla salubrità dell’ambiente e alla sicurezza della popolazione civile, come il caso del MUOS di Niscemi la cui costruzione va avanti nonostante il parere contrario del sindaco. Per non parlare di ciò che sta succedendo a Quirra, in Sardegna.
Insomma, il profitto, fatto passare per progresso della scienza, porta migliaia di servitori delle multinazionali farmaceutiche a tormentare milioni di esseri indifesi, con la complicità della classe politica, già corrotta di suo, e tra l’indifferenza della massa di beoti che si lasciano prendere in giro.
Ora, nei confronti di questi ultimi, che sono tutt’attorno a noi e che incontriamo al
supermercato, negli uffici postali e a spasso per la strada, non so se devo provare più pena o rabbia, giacché se fossero solo ignoranti e ingannati li potrei anche perdonare, ma siccome molti di loro si piccano di controbattere alle nostre giuste rivendicazioni, accampando i soliti discorsi triti e ritriti, basati sul più becero specismo, vorrei prenderli per il bavero e sbattergli il muso nel sangue che esce dalle ferite delle cavie, mettergli le graffette negli occhi come nel film “Arancia meccanica” e costringerli a guardare le scene di tortura nei laboratori.
Tortura fatta per il “bene dell’umanità”, affinché i pazienti possano ingozzarsi di medicine le quali, se anche non li faranno guarire, di sicuro faranno arricchire i criminali che le hanno messe sul mercato.

Cornuti e mazziati, come dicono in Meridione.
I cinque attivisti che sono entrati nel Dipartimento di farmacologia a Milano rappresentano la punta più avanzata di un movimento di ribellione contro l’inganno globale. Rappresentano la speranza che le cose possano cambiare, che gli stupidi possano essere messi nelle condizioni di non nuocere e che gli uomini possano guadagnarsi il titolo di umani.
“Restiamo umani”, diceva Vittorio Arrigoni.
Diventiamo umani, dico io, perché ancora non lo siamo.  



2 commenti:

  1. Detenuti a cui vengono offerti sconti di pena in cambio di sperimentazioni.
    Sarebbe così gentile da citarmi una fonte?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ne parla perfino Wikipedia, che non può certo dirsi un sito complottista:

      http://it.wikipedia.org/wiki/Sperimentazione_umana

      Succede che in periodi di "pace" la sperimentazione su esseri umani ignari (o sotto ricatto come i detenuti) venga fatta di nascosto, senza che l'opinione pubblica venga coinvolta, mentre in tempi di guerra la si fa in modo palese, con approvazione governativa.

      Così funziona la perfidia umana.

      Elimina