lunedì 8 aprile 2013

Stomaci medievali



Testo di Imelda Antonicelli



Del Medioevo sappiamo quasi tutto grazie a libri storici e di fiction, film, documentari e i vari revival scatenati dall’ormai famoso libro di Dan Brown: Il Codice Da Vinci.
Ma cosa mangiavano le genti dell’epoca?
O meglio, come avrebbe potuto “sopravvivere” un veg in una società decisamente carnivora?
La società medievale era suddivisa in tre classi:
-         i laboratores, formata dai contadini, gli artigiani e i commercianti;
-         i bellatores, composta dalla classi dei nobili e dei soldati;
-         gli oratores, i religiosi.

La classe che aveva più possibilità di consumare carne, perlopiù di selvaggina, era la classe
dei bellatores. Non per questo disdegnavano alcune frutta (escluse le fragole in quanto toccavano il suolo) e verdure (per predisporre lo stomaco al pasto), o alcuni legumi; ma prediligevano selvaggina di grossa taglia, come cervi, cinghiali, fagiani, pavoni, cigni e l’oca.
Anche gli oratores facevano grande uso di cibi di derivazione animale, seguendo i giorni liturgici di digiuno o in cui era consentito il pesce al posto della carne.
Per questi non era consentita tutta la carne, poiché era ritenuta un alimento “caldo” e, quindi, “eccitante”. Gli oratores seguivano uno schema molto particolare di cibi magri e grassi, umidi e caldi, secchi e freddi; prediligendo il pesce. Ovviamente, avendo il più delle volte a disposizione dei monasteri delle tenute a frutteti e orti, non mancavano mai sulle tavole gli ortaggi e la frutta.

Se questi due primi ceti avrebbero avuto difficoltà a seguire una alimentazione etica, la terza classe, quella dei laboratores, non sarebbe stata più agevolata.
I laboratores avevano una alimentazione più varia.
In base alle disponibilità economiche, questo ceto poteva consumare carni di allevamento o piccoli animali che i ceti più blasonati disprezzavano, quali ghiri, donnole, furetti, scoiattoli, istrici, serpenti, rane ed a volte volpi. Ovviamente il pesce e il maiale selvatico.
A differenza delle classi più alte, i laboratores facevano largo uso di cereali, frutta, verdura, ortaggi, legumi, funghi, torte salate, pani, focacce e, già dal 1300, di insaccati quali la mortadella.
Un po’ per necessità, un po’ per le disposizioni sociali, i laboratores sarebbero stati gli unici a poter seguire un’alimentazione veg, tant’è che tra le loro ricette, ve ne sono alcune che possono essere tutt’ora preparate, come ad esempio legumi (ceci o lenticchie) e castagne. Questo perché le castagne sono ricchissime di carboidrati.

Ceci e castagne: (dal ricettario medievale intitolato “Anonimo della Corte Angioina”)
Ancora presente in alcune ricette tradizionali, l’unione di legumi e castagne fa di questo piatto una pietanza comune nel Medioevo che, in questo caso diventa un piatto ricco per l’aggiunta del pepe. Secondo la dietetica moderna, l’associazione legumi castagne è un piatto bilanciato per la presenza di carboidrati e proteine. Al gusto è un sapore originale e delicato. 

Prendi i ceci e per prima cosa stemperali in acqua calda e, una volta lavati, metti a cuocere
con pepe ed erbe aromatiche. Una volta che saranno cotti, metti una parte di questi nel mortaio e pestali, fino a farli diventare densi. Quindi rimettili nel loro brodo e se vuoi puoi aggiungere castagne pulite e radici di prezzemolo.

Ingredienti: ceci, castagne, prezzemolo, sedano, carota, porro, pepe, sale, rosmarino.
Se si utilizzano ceci secchi, è bene metterli a bagno la sera prima e lavarli più volte, il mattino seguente. Lessare i ceci in acqua, sale ed erbe aromatiche (prezzemolo, sedano, carota, porro). Quando i ceci sono pronti metterne un parte in un mortaio per ridurli in crema (nella cucina moderna useremo il frullatore)”.

Importanti nell’alimentazione medievale erano anche i dolci, quali la pasta di mandorle, i dolci di frutta secca come il panforte o il panducale, ma anche strufoli e mele essiccate.


Imelda Antonicelli
 

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