mercoledì 29 maggio 2013

Gli uomini che tanto amava

 



 
Sono ormai pochi forse a ricordare la simpatica e triste storia di Lampo, cane viaggiatore della Stazione di Campiglia Marittima… una storia bella e patetica al tempo stesso, in cui una volta di più gli animali (ma, forse, chiamarli così può sembrare troppo riduttivo!) dimostrano di avere molto da insegnarci.
In un’epoca come la nostra, in cui le Ferrovie sono solo un lontano ricordo di ciò che furono nel passato ed in cui l’amore e la poesia paiono termini arcaici ed ormai dimenticati, una storia come questa, che ci riporta indietro ai “magici” anni ‘50, credo che faccia bene un po’ a tutti, riscoprendo quei sentimenti di fedeltà ed attaccamento che non scompariranno mai, specie da parte dei nostri piccoli amici a quattro zampe.
La vicenda di Lampo pare quasi una favola d’altri tempi, ed in effetti di anni ne sono trascorsi ormai sessanta da quell’assolato giorno dell’agosto 1953, quando un piccolo bastardino pezzato, senza famiglia né dimora, discese alla chetichella da un vagone merci di un treno di passaggio dalla stazione di Campiglia Marittima: comparve come un “lampo” in quel piccolo impianto, e come un lampo portò un repentino cambiamento nella vita dei pochi ferrovieri di quella stazione, in particolare del capostazione, Elvio Barlettani, la cui figlia Virna, innamoratasi subito di quel piccolo cane, pregò suo padre affinché chiudesse un occhio, almeno per quella prima notte. 

“Per non più di una notte, e poi domani ...”, aveva detto alla figlioletta - seppur senza troppa convinzione - Elvio;  ma il piccolo cagnolino, al mattino dopo, era ancora lì, arrotolato davanti alla porta del suo ufficio, in attesa di una carezza, e non appena Elvio aprì la porta, gli balzò addosso, leccandolo e scodinzolando ... ed il capostazione, da quel giorno, non se la sentì più di mantenere quel suo iniziale proposito di scacciarlo ... e per mandarlo dove?
Da allora, per tutto l’arco della giornata, “Lampo” come l’aveva battezzato per l’improvviso ingresso nella sua vita ed in quella dei suoi colleghi di Campiglia, divenne un compagno fedele di quel padrone di elezione, seguendolo in ogni mansione che questi avesse dovuto compiere nell’ambito del suo servizio di ferroviere.
E così, quell’omone robusto e quel suo piccolo cane, divennero da quel giorno amici inseparabili anche se, ogni tanto, desiderando vedere il mondo, Lampo spariva per qualche giorno, salendo su un accelerato di passaggio, ma ritornando sempre alla sua stazione, dal suo amico capostazione, che sapeva essere lì, ad aspettarlo!
Sì, perché Lampo vivendo in mezzo ai treni, aveva imparato a conoscerne gli orari, sapendo anche distinguere i vari tipi di carrozze, soprattutto quelle ristorante, delle quali divenne un assiduo frequentatore, percorrendole su e giù in lunghezza lungo il marciapiede ogni qual volta si fermavano … in attesa di qualche “omaggio”!

I ferrovieri ormai lo conoscevano, ed anche il personale viaggiante chiudeva un occhio nel
vedere quel piccolo cane pezzato, che non faceva male a nessuno, accoccolato durante i suoi frequenti “viaggi” nel vestibolo di una vettura.
Incredibilmente, Lampo conosceva a memoria orari e tipi di treni, coincidenze e fermate, avendo fatto pratica nell’accompagnare tutti i giorni a scuola la piccola Virna: in quei primi anni infatti, saliva anche lui sul treno da Campiglia a Piombino per scortarla alla locale scuola elementare, e poi “Lampo tornava a Campiglia, sempre col treno, e andava in ufficio da mio padre; a fine mattinata, riprendeva di nuovo il treno per venire a riprendermi all’uscita da scuola e riaccompagnarmi a casa!”.
Ma non sempre il suo simpatico passare da un treno all’altro (senza pagare il biglietto) fu apprezzato: la Direzione del Compartimento ferroviario di Firenze infatti, alcuni anni dopo, impose al povero Barlettani di separarsi dal suo amato cagnolino, allontanandolo definitivamente dalla stazione: a malincuore, il ferroviere prese la dolorosa decisione di affidarlo ad un amico calabrese, suo conoscente.
Lampo era anche chiamato il cane dei ferrovieri per la simpatia che sapeva riscuotere da tutti loro.

Ma, incredibilmente …”Un mese più tardi lo vedemmo ritornare. Era magro, aveva perso anche il pelo. Di fronte a questo, anche le FS cedettero e Lampo divenne una mascotte famosa e stabile della nostra stazione”. La fama di quel piccolo cane travalicò i confini della piccola stazione, fino a far sì che la stessa RAI arrivasse con un troupe televisiva a Campiglia per girare su di lui un breve servizio, ritraendolo davanti alla vettura ristorante (… un caso?) del Torino – Roma!
Un settimanale americano giunse perfino a dedicargli la sua copertina: fu così che arrivò per lui, per via aerea da Buffalo/Usa, una grossa scatola di biscotti da un suo ignoto ammiratore d’oltreoceano!

Ma il destino aveva tuttavia stabilito che questa bella favola dovesse un giorno avere fine: durante una manovra nella stazione, Lampo nell’attraversare i binari per raggiungere l’ufficio del suo amico, venne investito da un treno!
Era la calda sera del 22 luglio 1961, una sera simile a quella che aveva visto discendere otto anni prima da un merci un cucciolo pezzato senza nome: il capomanovra di Campiglia, con le lacrime al volto, comunicò a Barlettani che Lampo non c’era più!
Lo seppellirono ai piedi di un’acacia della sua stazioncina, in un giardinetto tranquillo, proprio là dove era solito attendere il suo padrone durante le lunghe ore del pomeriggio.
Ciò che forse uccise Lampo fu la sua tanta voglia di viaggiare, di scoprire quel “Mondo Grande” di quegli uomini che tanto amava e nel quale si era talmente immedesimato da dimenticare le sue origini di modesto bastardino senza casa.
A Campiglia, a parlare di lui, ora che anche il suo Grande amico se n’è andato per sempre, non resta che un piccolo monumento che lo ritrae, con la zampetta sollevata, come era solito fare per salutare il suo padrone.
Addio Lampo ... forse, un giorno, ci ritroveremo!


Maurizio Panconesi

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