venerdì 17 maggio 2013

Neocolonialismo antidepressivo

  






La situazione economica di alcuni lavoratori del cacao, versa in condizioni sempre più preoccupanti. Ad affermarlo è l’Oxfam, un’organizzazione che si occupa della possibile riduzione delle ingiustizie e delle povertà nel mondo. Il report prende in considerazione le 10 maggiori aziende nel settore alimentare e delle bibite. Marchi come Associated British Foods (Abf), Coca-Cola, Mondelez International, General Mills, Kellogg, Danone, Mars, Nestlè, PepsiCo, Unilever e molti altri, non starebbero utilizzando il loro potere per contribuire all’equità sia del sistema alimentare che di quello ambientale e sociale. “In alcuni casi” tuona il rapporto, “queste aziende indeboliscono la sicurezza nel settore dell'industria alimentare e riducono le opportunità economiche delle persone più povere del mondo, peggiorando così la situazione di queste ultime”. Soprattutto nel lavoro femminile, Oxfam rileva incongruenze e scorrettezze, che non permettono un eguale trattamento, sia a livello delle adeguate retribuzioni che a quello delle minime garanzie sociali legate all’attività svolta.

Questo avviene soprattutto nella produzione del cacao, merce sempre più richiesta dal mercato mondiale, controllata per lo più da tre grandi gruppi, Nestlè, Mars e Mondelez che insieme detengono circa il 40% della produzione globale. In Indonesia ad esempio non vengono assunte le donne se chiedono il rispetto delle condizioni sindacali di base, come ad esempio due giorni di riposo al mese, durante il periodo mestruale. Il lavoro infantile è consentito e le donne, svantaggiate economicamente, hanno dei salari inferiori rispetto a quelli degli uomini. Sono inoltre spesso sottoposte a molestie e aggressioni e non hanno accesso al credito agricolo finanziario. Eppure, è proprio il lavoro delle donne, il 60% della manodopera, che manda avanti la produzione del cacao. In Nigeria ad esempio la soglia delle donne impiegata nel lavoro agricolo sale al 60-80%, occupando però posti di lavoro meno remunerati ed hanno scarse possibilità d’accesso a mansioni di maggiore responsabilità. Anche quando questo avviene, raramente le donne si adoperano per migliorare la condizione di sfruttamento femminile nella filiera di produzione. Un modo per iniziare ad affrontare il problema sarebbe, secondo Oxfam, l’equo compenso per la produzione del cacao. Attualmente in Nigeria alcuni agricoltori affermano di guadagnare 320 neira (meno di due euro), per ogni chilo di cacao prodotto.
Tuttavia, Mars vende ogni scatola di cacao a 20 euro, ossia più di dieci volte la paga di un agricoltore nigeriano per la stessa quantità di prodotto. Peggiore la situazione in Costa D’Avorio, dove un agricoltore guadagna appena 260 euro all’anno, nettamente al di sotto della soglia della povertà, che in questo Paese è fissata a cinquecento euro all’anno. Il destino di 40-50 milioni di persone che producono cacao in tutto il mondo, dipende dunque dalle condizioni contrattuali ed economiche imposte dalle grandi aziende multinazionali. Oxfam propone inoltre la sottoscrizione da parte dei grandi marchi dei principi Onu di pari opportunità per le donne. Inoltre, le multinazionali dovrebbero insistere per la promulgazione di leggi per tutelare uguaglianza di genere nel settore agricolo, nei Paesi in cui la legislazione non la garantisce ancora. Bisogna infine, secondo l’Oxfam, lavorare utilizzando programmi di certificazione con iniziative settoriali come la Fondazione mondiale del cacao e l'Organizzazione internazionale del cacao, in modo da incorporare norme che servano a sradicare la discriminazione.


N.d.R.
E’ stato dimenticato il suggerimento più importante: comprare cioccolata e cacao nei negozi equosolidali.


9 commenti:

  1. Lo faccio da sempre e non solo il cacao ma anche altri alimenti che abitualmente uso, mercato eco-solidale.

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    1. Io lo faccio saltuariamente perché non me lo posso permettere: i prezzi sono troppo alti. :-(

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  2. Quindi la solidarietà si applica solo se a buon mercato.

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    1. La solidarietà si applica sempre, nel limite delle possibilità, ma solo se si tratta di una vera solidarietà.
      Per trent'anni ho comprato nei negozi biologici, anche se non me lo potevo permettere, sperando che con l'aumentare del numero dei consumatori i prezzi della verdura biologica sarebbero scesi.
      E invece, non c'è mai stata una diminuzione di tali prezzi e i cibi privi di pesticidi sono sempre rimasti un prodotto per élites.
      Come mai?
      Non ci sarà stato anche qui un piano preciso per questo?

      E con l'equosolidale, chi mi garantisce che i soldi vadano veramente nelle tasche dei contadini del Terzo Mondo?

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  3. Nessuno le può garantire alcunché.
    E' mai possibile che non conosca in Friuli dei produttori di vegetali con metodo biologico saltando la catena distributiva?
    Anche perché approvvigionandosi alla fonte può sempre prender per un orecchio il fornitore qualora si comportasse birichinamente.

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    1. Certo che li conosco!

      Li ho anche intervistati:

      http://freeanimals-freeanimals.blogspot.it/2012/07/visita-ad-un-kibbuz-cristiano.html

      Il fatto è che preferisco il supermercato a 600 metri, che l'azienda omeodinamica a 5 Km.

      Sic!

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  4. Non appena aveva rilevato i complimenti di Zret doveva subito mettersi in allarme che qualcosa non funzionava sul suo post, e invece no ha continuato a bearsi anche in forza della condivisione che ha ricevuto dagli altri internauti.

    Ci risiamo cade sempre nello stesso errore: confonde il pensiero con l'attuatore, dimenticando cosa recita la filosofia popolare:"Errare è umano perseverare è diabolico.", scelga lei!

    Le ho consigliato semplicemente i produttori biologici, invece no, ha voluto strafare e si è indirizzato, saltando addirittura i biodinamici, agli omeodinamici, creature di Nastati; o come mi sono divertito, o come mi sono divertito.
    Praticamente è come se un bimbetto di scuola materna si fosse introdotto in un emiciclo dove trattavano la precessione degli equinozi, ed una volta uscito, commentando, avesse esclamato: "Questa è una gabbia di matti!"

    Quanto allo specismo di Steiner mi sto ancora scompisciando dalle risate, è scivolato nel tuttologismo. L'iniziato citato ha condotto 6000 conferenze, quindi, ammesso di studiarne una al giorno, ci vogliono 20 anni, a tal proposito nutro abissali dubbi, per digerirle tutte, Roberto mi permetta di consigliarle di abbassare la cresta e di non scadere nel ridicolo.
    La sfido a citarmi un solo passo dove il Dottore si dichiara a favore od invita od indica lo specismo, diversamente, lei come molti altri, non ultimo il Marcianò, siete avvezzi a spargere al vento letame, che vi può ricadere addosso, e ne trarrò le logiche conclusioni.
    Sono nauseato dagli individui che pervicacemente continuano a cimentarsi su cose che minimamente conoscono, vedi i nostri politici, come degli assoluti dilettanti allo sbaraglio.

    Quante persone desidera che le presenti che si effigiano con l'etichetta di antroposofi che nulla conoscono della "Scienza dello Spirito"?

    Prossimamente si limiti a trattare di Biglino o Sitchin, eviterà sesquipedali enunciazioni identificabili, parafrasando P.Villaggio, in:"Bojate pazzesche".
    Tanto le dovevo.

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    1. Ci sono pensatori che producono tantissimo pensiero (Steiner con le sue 6.000 conferenze, ma anche Osho non scherza): non basta una vita per leggere tutti i loro libri.
      Trovo però scorretto da parte sua colpevolizzarmi per non averlo fatto, perché non esiste solo la lettura come strumento di conoscenza, ma anche la frequentazione di persone colte.

      Ho lavorato per un’intera estate con un personaggio di spicco della biodinamica, uno steineriano DOC (Graziano Ganzit) e mi sono fatto l’idea che Steiner fosse specista come tutti gli altri, anche se Cecilia Gatto Trocchi lo annovera fra gli occultisti.

      Non so perché il signor Nastati abbia cambiato il nome di “biodinamico” in “omeodinamico”, ma se mi capiterà l’occasione glielo chiederò. So solo che i prodotti esenti da contaminazioni chimiche costano un occhio della testa. E questo è ingiusto verso i consumatori in generale, non solo verso il sottoscritto.

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  5. Io lo definisco pregiudizio il fatto che lei consideri Steiner specista e ciò non significa che lo sia.
    Quando si sta affondando nelle sabbie mobili l'unica soluzione da adottare è rimanere immobili ed evitare di agitarsi, perché definire il Dottore un pensatore a livello di Osho è semplicemente una bestialità. Dimostra di non conoscere ne il primo ne il secondo, lasci perdere, consegni tali posizioni a Zret è più che bastante.

    Continua scrivendo che non sa la motivazione per cui Enzo abbia cambiato il nome da biodinamico in omodinamico, solamente perché sono due cose diverse e quindi vanno definite distintamente ed ancora una volta evidenzia la sua aconoscenza della materia.

    Poi dove Cecilia Gatto Trocchi incaselli il fondatore dell'antroposofia: non me ne può frega' de meno.

    Non conosco il sig.Graziano Ganzit e quindi non mi posso pronunciare in nessun senso, certo è che se la sua frequentazione l'ha indotta a concludere che Steiner sia uno specista non lo considero un valido biglietto da visita.
    In ogni super od ipermercato, almeno in quelli che io visito abitualmente, c'è un angolo dedicato al biologico con prezzi più che abbordabili.
    Quanto alle persone "colte" ha stimolato la mia curiosità perché temo siano solo onuste di nozioni e completamente vuote di empirismo.
    Tanto le dovevo.

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