sabato 22 giugno 2013

Un rovesciamento di prospettiva

 

Testo di Joe Fallisi

La reificazione, la sofferenza e l'"uso totale" degli animali non umani (e umani) è alla base stessa della forma storica che il dominio dell'uomo sulla natura s'è dato e di cui il capitalismo (fino al suo inveramento spettacolare-spettrale) è solo l'ultima tappa. 

Un cammino insieme grandioso e tragico, che ormai può essere solo invertito da una rivoluzione radicale – cioè che davvero vada alla radice dell'alienazione. 

In sua assenza, tutti gli indicatori chiaramente disegnano un esito catastrofico di questo tragitto: l'Homo sapiens, alla sua conclusione, apparirà allora come una sorta di virus distruttivo e autodivorante, capace, nell'arco di un battito dell'evoluzione, di porre fine, definitivamente, alla stessa. 


Ma se un futuro diverso e superiore è ancora possibile, è già qui e ora che se ne devono porre le premesse, svegliandosi dallo stato sonnambolico, CONTRO il conformismo di morte.

L'antropocentrismo è inevitabile, dal momento che la visione del mondo e i giudizi che esprimiamo sono nostri, cioè ci appartengono specificamente. Tuttavia, proprio per questo motivo, a me pare del tutto ragionevole incominciare ad occuparci del dolore (animale-umano) che conosciamo, della cui esistenza non possiamo avere dubbi. 

E alla base di qualunque opinione al riguardo è la concezione stessa di rivoluzione che dovrebbe essere chiarita. 

Per esempio, si può intendere questa – si è inteso per due secoli – come rivalsa di una classe su altre, magari nella prospettiva di un al di là delle classi, ma sempre circoscritta all'uomo. Si può invece considerarla come una possibilità, finalmente, di liberazione e redenzione (attraverso il vertice della scala evolutiva) dell'uomo stesso, della natura e degli animali non umani. 

A me sembra che proprio oggi, con la catastrofe della biosfera alle porte e insieme con mezzi che consentirebbero la fuoriuscita dal regno della necessità, questa sia l'unica prospettiva sensata.

Non mettendo affatto in secondo piano le sofferenze intraspecifiche, la questione cosiddetta "animalista" - "antispecista" risulta ai miei occhi, oggi, sempre più, la cartina di tornasole che tutto riassume, il nodo gordiano, senza sciogliere il quale è IMPOSSIBILE accedere al "rovesciamento di prospettiva". 

Cominciare da subito, qui e ora, a rompere le catene ipnotiche, non rimandare, non divagare, non sonnecchiare in un eterno stato postprandiale... inventare, creare, sperimentare, come veri poeti, NUOVI gusti, nuove possibilità... 

Nessun extraterrestre ci porterà soluzioni, ogni "film" ci confermerà nella nostra impotenza, ogni Las Vegas rutilante di luci spettrali al mattino ci apparirà un misero rottame… 
La palingenesi della società e degli individui, potrebbe non arrivare mai, non è affatto inscritta "oggettivamente" nello "sviluppo delle forze produttive"… 

E tanto meno durante la nostra breve (residua) esistenza. Di QUESTA che vogliamo fare?

Joe Fallisi

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