giovedì 11 luglio 2013

Un insospettabile trafficante di uomini

 


Ore 21 di ieri sera: Un prete eritreo riceve una telefonata, l’ennesima. E’ sempre lui, Don Mosé Zerai, tutti i passeurs hanno il suo numero, se ne sono già occupati. Dietro ogni sbarco con “telefonata”, c’è il prete eritreo.
Il traffico funziona in questo modo. Si prende il mare dalla Libia, poi si danneggia il barcone e si avvisa Don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo responsabile dell’agenzia Habeshia, da quel momento parte la segnalazione del sacerdote alla Guardia Costiera: “mi hanno chiamato e stanno affondando, sono…”. Il resto lo immaginate: i nostri “crocerossini” corrono in acque libiche a prendersi i clandestini.


Le agenzie la raccontano così:

    Sono tutti salvi i 226 profughi che stavano viaggaindo dalla Libia all’Italia a bordo di due gommoni, entrambi andati presto in avaria. A bordo anche 37 donne, di cui una incinta e un bambino. A raccogliere le richieste di aiuto, giunte via satellitare, nella serata di ieri erano stati Don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo responsabile dell’agenzia Habeshia, e suor Grazia di Bari.

    “Venite a prenderci, stiamo per affondare”, l’appello arrivato da un’imbarcazione carica di 111 persone, che avrebbe preso il mare venerdì scorso, individuata a circa 30 miglia da Tripoli.

    Un’ora più tardi, la seconda richiesta di aiuto, da un’imbarcazione con 115 migranti, a circa 60 miglia da Tripoli. Le capitanerie di porto hanno immediatamente dirottato in area il rimorchiatore “Asso 30″: circa un’ora fa si sono regolarmente concluse le operazioni di trasbordo di tutti i passeggeri su motovedette della Guardia Costiera ora dirette a Lampedusa.

Ovviamente le agenzie mentono, riportano la versione del trafficante.
Per le agenzie e i pennivendoli siamo ancora al “profughi”. Il loro, è il disperato tentativo di distorcere la realtà dei fatti con l’utilizzo, meschino, delle parole. Profughi di quale guerra?
E ci sono sempre alcune donne, usate come “scudi umani”, e c’è sempre un “bambino”. I famosi “bambini” dell’inchiesta romana.

Intanto nessun magistrato indaga sul prete trafficante.
Come mai gli scafisti hanno il suo numero? Conoscete disperati col satellitare? E’, il prete, per caso anche implicato nella truffa dei falsi profughi minorenni?
Queste domande sono poste ai magistrati che, poverini, non hanno tempo per indagare su Don Mosè Zerai e i suoi strani contatti. Troppo impegnati nel perseguire chi non prevede i terremoti.

Il business dei “profughi” è un business fiorente che ha ben attecchito nella cerchia dei
“preti” xenofili e delle loro associazioni. Non è quindi bizzarro che, visti i soldi che ogni immigrato vale per l’associazione che lo ospita, la stessa cerchi di farne arrivare il più possibile. Bizzarro è che nessuno indaghi.

Intanto, altri 226 invasori sono stati raccolti dai collaborazionisti della Guardia Costiera (anche loro hanno la percentuale sul “profugo”, come le associazioni romane?) e, da oggi, riceveranno 45€ al giorno delle nostre tasse. Vitto e alloggio escluso, ovviamente.

C’è un prete trafficante in Vaticano. E un’accozzaglia di complici nelle Capitanerie di porto, di medici compiacenti negli Ospedali e di dis-informatori nelle redazioni dei giornali.
Il loro unico scopo è farne venire il più possibile. Perché ci guadagnano.

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