venerdì 23 agosto 2013

Ieri, 25 anni fa

 
La notizia in oggetto è apparsa 25 anni fa! La pubblico ora perché non credo che la mentalità dei discendenti dei criminali inglesi del diciottesimo secolo sia cambiata. Lo stesso atteggiamento di rapina che avevano nella madre patria, se lo sono portati dietro anche in Australia. Lo hanno applicato sugli aborigeni e naturalmente sugli animali. Alcune specie di canguri, infatti, sono scomparse. Riporto, a tal proposito, solo una delle tante testimonianze dei naturalisti che si sono occupati del caso. Si tratta di Herbert Wendt che, nel 1961, in “Noi e gli animali”, scriveva:

I marsupiali sono da tempo condannati a morte. I coloni bianchi in Australia – questa la tragedia – non ebbero particolari riguardi per la natura, nella loro nuova patria, e sparavano a tutto quello che capitasse a tiro. Anzi, abbattere esemplari zoologici era una specie di sport nazionale. E nessuno pensava alle conseguenze. Quel che non era di utilità palese e immediata – compresi i marsupiali – fu sterminato per far posto a immensi branchi di pecore, a fattorie, a città, aprendo la strada alla speculazione”.


Detto questo, ritorniamo all’articolo pubblicato 25 anni fa, ovvero nel dicembre del 1988, sull’inserto “Sette” del Corriere della Sera (pag. 24). A parte la prima foto in bianco e nero, tutte le altre sono di David Hancock. L’autore del testo non è menzionato, ma lo trascrivo ugualmente per farvi notare una certa mistificazione:

Il rumore assordante del motore di un elicottero copre il colpo secco del fucile. Il bufalo stramazza, ormai è soltanto un immenso corpo senza vita. Per i bufali selvaggi condannati dalla tubercolosi, che vivono nel Territorio del Nord in Australia, la morte arriva ogni giorno dal cielo. Una spietata esecuzione resa necessaria dall’epidemia scoppiata nel 1985. In tre anni sono stati eliminati in questo modo centomila bufali. E si calcola che nel 1992 non rimarranno che pochi esemplari, dei 300 mila che popolavano la regione prima della malattia.

Squadre di uomini a bordo di pesanti jeep e di elicotteri sospingono i bufali verso i recinti dove gli animali saranno vaccinati. Ma è un provvedimento che non lascia speranze alla sopravvivenza della specie. La fine del bufalo che vive allo stato brado è anche la fine di un’epoca, quella dei leggendari cacciatori che vivevano della carne e del cuoio delle prede.

Ora la tubercolosi ha creato due nuove figure professionali: i ranger, ingaggiati per uccidere gli animali malati, e i macellai. La carne infetta del bufalo è stata infatti giudicata idonea per la produzione di cibi per cani. Ci sono molti uomini che hanno avuto l’autorizzazione a spolpare le bestie uccise: solo per loro la strage si è trasformata in un grande affare”.

                                                                                                                                                                 
In definitiva, l’articolista si preoccupa più della fine di un’epoca, in cui i cacciatori vivevano delle loro prede e arriva a definire gli assassini dilettanti come “leggendari”. Degli assassini professionisti non dice niente perché sono stati autorizzati dal governo. Il quale, non dimentichiamolo, era composto dai discendenti di quei criminali di cui la Gran Bretagna voleva disfarsi.
Il punto centrale della questione viene tranquillamente sorvolato dall’anonimo giornalista di “Sette”. E cioè che si è presa a pretesto una presunta epidemia di tubercolosi per portare guadagni alle industrie di lavorazione della carne per cani. Non mi stupirei se a capo, o azionista, di tali industrie ci sia stato qualche ministro o uomo politico che abbia autorizzato la strage di bufali. Da noi funziona così e non vedo perché i meccanismi mentali degli australiani debbano essere diversi.
In anni posteriori avrebbero fatto la stessa cosa con i canguri, non per la carne, bensì per la pelle, avviata alle industrie calzaturiere.

Se non avessero avuto una mentalità specista, squadre di veterinari in stile Woobinda avrebbero curato gli esemplari infetti, come si fa con gli esseri umani malati, ma purtroppo quella mentalità è talmente radicata che non la si può sconfiggere facilmente. Immagino che però in tempi recenti anche in Australia sia sorto un movimento d’opinione in difesa degli animali, come del resto ci si aspetterebbe da persone provenienti dalla Gran Bretagna, in cui vennero fondate le prime associazioni zoofile.

Infine, la strage attuata dietro il pretesto della tubercolosi, mi ricorda la politica estera degli USA, che si buttano giù tre grattacieli a New York pur di invadere Afghanistan e Iraq. E’ il principio del “casus belli”. Guerra contro gli uomini. Guerra contro la natura. Con la differenza che a lamentarci per la strage di animali, in questo caso bufali, siamo in pochi. E anche quei pochi vengono criticati dai benpensanti.
Che alcuni esemplari siano stati vaccinati è il paravento dietro cui nascondere la malvagità del tutto. E’ la foglia di fico per nascondere le vergogne e la si può paragonare agli aiuti dati insieme alle bombe, rappresentati dal soldato che dà la caramelle ai bambini, in mezzo alle macerie delle loro case.

Dopo 25 anni, anche se non ci stupiamo neanche più, un disgusto perenne ci tormenta, perché sappiamo che non è cambiato niente. O quasi. Gli australiani vanno ad aggiungersi alla black list dei popoli facenti parte della feccia dell’umanità. Salvo pochissime eccezioni.

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