sabato 24 agosto 2013

Il Kamasutra politico

 
Fonte: Salamelik


Leggo che El Baradei, ex direttore per l'agenzia internazionale per l'energia atomica, premio Nobel per la pace e fino ad un paio di giorni fa vicepresidente del governo egiziano ad interim, sara' processato per essersi dimesso in disaccordo con le recenti politiche del governo. La notizia ha sorpreso molti in occidente, mentre, se confermata, sono sicuro che non sorprenderebbe nessuno in Egitto.

Per la stragrande maggioranza degli egiziani, il signore in questione, premio Nobel per caso (visto che ormai i Nobel per la pace li danno in base a criteri alquanto vaghi), è sempre stato un vigliacco in cerca di poltrone. Appena ne fiutava l'odore, pigliava un aereo da Vienna e sbarcava al Cairo nella speranza che gli venisse affidato qualche incarico. Non appena le cose si mettevano male, ripigliava l'aereo e ritornava a Vienna.


Questa costante del suo atteggiamento, abbinata al fatto che raramente lo si è visto in piazza (in compenso era molto attivo su Twitter), lo aveva reso estremamente antipatico, e materia ghiotta per la satira. Ma il fatto che il personaggio fosse un Nobel per la pace, e perciò osannato in occidente, faceva si che la nostra élite intellettuale continuasse a tenerlo in alta considerazione, tanto da sostenere che fosse adatto ad assumere la presidenza dell' Egitto.

Anche questo fatto era segnale inequivocabile dello scollamento dell'élite intellettuale dal paese reale. Sono anni che El Baradei è considerato una barzelletta in tutto l'Egitto, ma alcuni intellettuali continuavano imperterriti a ritenerlo un'autorità morale e una specie di coscienza vivente della patria.  Questo fino all' altro ieri appunto, quando il nostro - dopo aver provato tutte le posizioni possibili del kamasutra politico per compiacere militari e islamisti - si è dimesso. Non poteva scegliere un momento peggiore.

Proprio mentre l'Egitto sta combattendo il terrorismo dei sostenitori del fascismo islamista, il tizio ha preso un aereo per Vienna, implicitamente contribuendo a infangare l'immagine dell'esercito egiziano, già ampiamente screditato dagli islamisti che sparano e poi si fanno dipingere come vittime. Sono sicuro che non rimetterà mai più piede in Egitto. Non tanto per le accuse di tradimento, ma perché se la gente lo dovesse riconoscere per strada lo lincerebbe.

La misura di quanto sia diventato, se possibile, impopolare, la si riscontra nell'ultimo editoriale di Alaa Al Aswany, intellettuale egiziano di fama internazionale e fino all'altro ieri maggiore sponsor del Baradei. Al Aswany non ha esitato a menzionarlo come esempio pratico di chi tradisce e abbandona la patria nel momento del bisogno, in un momento in cui "non sono ammesse acrobazie e mezze misure, o tenere il piede in due staffe". Sono felice che Al Aswany se ne sia reso finalmente conto, ché sono anni che qui si scriveva le stesse cose mentre le sue ammiratrici italiane replicavano che qui c'era odore di disonestà intellettuale.

A proposito di fughe e tradimenti, va sottolineato lo spettacolo poco edificante dei leader della fratellanza. Arrestati uno dopo l'altro come topi in appartamenti in periferia, sperdute oasi sul confine, mentre tentano la fuga in aeroporto. Che ce ne fosse uno di loro tra i sostenitori che hanno spinto al martirio. La guida suprema era nascosta in periferia, un alto esponente era camuffato col velo integrale (a dimostrazione di quanto sia comoda questa divisa per la criminalità) pronto ad andare in Libia, il portavoce -sbarbato di fresco- si approntava a prendere l'aereo per Roma (viene spontaneo chiedersi chi sono i loro fiancheggiatori in Italia).

In confronto a loro, Mubarak che si è rifiutato di lasciare l'Egitto nonostante le offerte di diversi paesi, scontando due anni di galera preventiva mentre veniva assolto in un processo dopo l'altro, ha fatto - piaccia o meno - la figura del patriota. Roba che oggi fa rimpiangere gli egiziani non tanto il suo governo, quanto il regime di Nasser, quando certi personaggi e i loro fiancheggiatori riparavano all'estero, salvo svegliarsi quindici giorni dopo in una cassa spedita al Cairo come bagaglio diplomatico.

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