martedì 24 settembre 2013

Lo zoo delle libertà

 
Fonte: L’Officina

Testo di Nicola Miotto

A metà tra il compianto esploratore Ambrogio Fogar e il divulgatore scientifico Piero Angela, addentrarsi nei meandri del  centrodestra è come affrontare la giungla amazzonica dotati solo di un cerino e tanta buena suerte, come dicono gli avventurieri ispanici.
Il Pdl è una vaporiera sul punto di deflagrare, azzannato alla carne da una guerra intestina combattuta da potentati e pasionarie pronti a contendersi la salma politica e l’eredità epico-romantica del berlusconismo morente. In una paese in ginocchio e tecnicamente fallito, ventre molle dell’Europa per il tasso ingovernabile di criminalità, parassitismo, evasione, debito pubblico e chi più ne ha più ne metta, i frombolieri del Pdl non trovano di meglio che accapigliarsi nella gara a chi è più berlusconiano di Berlusconi.   


 Nel breve periodo in cui Silvio sembrava aver lasciato il timone del partito come il nobile patriarca che manda avanti i suoi discepoli, i vari colonnelli in bretella o gonnella hanno dimostrato ciò che sanno pure i pali della luce: che senza Berlusconi i voti non li prende nessuno. De profundis per una dirigenza vissuta alle spalle del capo carismatico, tetragona a ogni cambiamento degli organigrammi, impresentabile per la noia dei soliti triti slogan e l’insopportabile senso di onnipotenza che l’accompagna da anni. Questi inamovibili salottieri da Porta a Porta, sempre alla ricerca di ospitate in TV o sulle pagine dei quotidiani, sono talmente autolesionisti da non provare nemmeno a simulare un barlume di unità interna, annoverati ormai dagli addetti ai lavori in categorie prese più dal Libro della Giungla che da un manuale di politica. Non ci bastavano i dorotei, i morotei, i dossettiani, i nenniani di antica memoria. O i veltroniani, franceschiniani, dalemiani, renziani dall’altra parte della barricata. Il centro destra offre alla scienza darwiniana dell’evoluzione falchi, colombe, pitonesse, api regina e amazzoni in una guerra per non tornare nell’oblio dopo la sbornia da sovraesposizione degli anni d’oro. Sembrano quei giapponesi che, non accettando la confitta decretata dalla storia,  per decenni hanno continuato a combattere una guerra immaginaria nelle sperdute isole del Pacifico, fermi ad un mondo che non esisteva più. Vorremmo tanto anche noi trovare per questi politici un’isola tropicale dove poterli parcheggiare in attesa che il centrodestra si riprenda dai disastri da loro compiuti credendo, con buona dose di superbia, di essere nel posto giusto al grande crocevia della Storia. Purtroppo per loro gli almanacchi di questo paese li ricorderanno come occasioni mancate.

2 commenti:

  1. Tutte le volte che veggo la Santanché mi si alza e tende il braccio destro, nonostante l'infortunio alla scapola, come il Dottor Stranamore...: è automatico. g

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A molti uomini, vedendola, si alza e tende qualcosa d'altro.

      Infatti, la parte del corpo della Santanché messa giornalisticamente più in evidenza è la bocca carno-voluttuosa.

      Elimina