lunedì 27 gennaio 2014

Come fossero cristiani

 

Sul gommone, navigando sul disastro dell’alluvione. Cercando di salvare gli animali. Come fossero cristiani. Miagolii, abbai, ragli e nitriti, belati, muggiti. Ecco le disperate richieste d’aiuto giunte da cani, gatti, cavalli, puledri e asinelli, mucche, pecorelle. Intrappolati in allevamenti e ovili sommersi, chiusi dentro le case invase dall’acqua, dispersi per strade trasformate in torrenti e campi divenuti laghi. Siamo a Modena, nella Bassa alluvionata da domenica 19. Un aspetto dimenticato di questo dramma - ancora in corso - riguarda anche animali domestici e da allevamento. Talvolta dimenticati da gente in fuga dall’acqua. Talvolta, al contrario, in cima alle preoccupazioni, trattati come componenti della famiglia. O semplicemente da salvare perché elementi necessari alla filiera agricola, bovina e ovina. Che da queste parti conta più di un’industria.
SALVATAGGI ALL’ULTIMO MINUTO - A soccorrere, e a strappare alla morte le bestie - quasi sempre riuscendoci, ma talvolta no - sono stati i volontari specializzati di un’associazione di protezione civile. Quelli del «Centro Fauna Selvatica il Pettirosso», sede a Modena, che a Corriere.it raccontano - praticamente in presa diretta - le decine di interventi condotti in questi giorni.



CRONACA IN DIRETTA - Lunedì, a poche ore dalla rottura dell’argine, « è stata durissima». Pioggia a dirotto, l’acqua che si alza di livello ogni minuto di più. «Superiamo i posti di blocco - racconta il presidente Piero Milani, indossa gli stivaloni anfibi e ha il volto inzaccherato - e arriviamo con le barche. La corrente è forte, ma si comincia a battere la zona di Albareto tra le aziende agricole. Man mano che ci addentriamo per la strade allagate le persone ci chiamano dalle finestre dei piani superiori: segnalano animali intrappolati dall’acqua o chiusi in box o serragli».

I LAMENTI DELLA CAPRETTE NANE - Le prime a essere salvate sono delle caprette nane che avevano trovato rifugio su pallet di legno. Si arriva così dentro il cortile di una casa «dove ci viene indicata la stalla con cavalli e somarini. Non si sentivano più ragliare dalla notte passata». Ad un tratto ne odono uno, «come se ci chiamasse. Si corre subito verso la stalla». I soccorritori del Pettirosso adesso sono davanti al portone, scendono dalle barche dove l’acqua è alta un metro e mezzo. Ci si muove a fatica, «l’acqua è gelida ed i cavalli liberati cercano di mangiare mele galleggianti» affiorate dalla fanghiglia chissà come.

IL SOMARELLO MORTO DI FREDDO - Una dopo l’altra le bestie vengono legate e portate fuori dove il proprietario le aspetta per poterle trasferire al sicuro. «Purtroppo un somarino non ce l’ha fatta, ma l’altro è vivo ed infreddolito. Lo portiamo fuori dalla stalla, non dobbiamo neppure insistere troppo». Poi le galline. Ce ne sono in «difficoltà ed altre annegate». Quelle «vive le mettiamo sul fienile». Dopo è la volta di altri undici cavalli chiusi nei box allagati. «Li prendiamo e li portiamo su di un rialzo di una vecchia stazione all’asciutto, poi ancora caprette in una stalla… Rientriamo, sta facendo buio e incomincia a piovere abbastanza forte».
                                                                                                                                                  

DECINE DI SEGNALAZIONI - L’indomani si ricomincia. «E’ la volta dei cani e gatti chiusi da giorni nelle abitazioni o giardini senza acqua e cibo». Tante richieste di aiuto. «Persone che hanno dovuto evacuare la zona, pensando di tornare il giorno dopo. In pochi hanno pensato di prendere con sé gli animali - sospira Milani - e nel dubbio hanno messo una razione extra nella ciotola». Ma anche questa finisce e le bestiole incominciano a sentirsi «abbandonate nel silenzio di un paese disabitato». E’ tutto al buio perché la luce elettrica è saltata. Incominciano a spaventarsi, chissà: «forse si chiedono cosa sarà di loro e perché non tornano i loro padroni».

LE CHIAVI SBAGLIATE - Intanto i volontari riescono ad arrivare nelle abitazioni con le chiavi consegnate dai proprietari. «Già per le scale i cani incominciano ad abbaiare. Sono dietro le porte per attirare la nostra attenzione. Aperta la porta i gatti scappano e da qui la ricerca per la casa. I cani, invece, sono un po’ interdetti. Si lasciano andare presto, dopo una carezza ed una coccola». Qualcuno è morto. Affogato. O per il freddo. «Attraversiamo le rapide con le barche piene di animali. Le dobbiamo trainare, pesano tanto con tutti quei cani e gli altri scampati all’alluvione».

IL SALVATAGGIO DEL MICETTO - Altre segnalazioni. C’è un gatto da recuperare in via Matteotti «dove la corrente è fortissima e l’acqua è alta un metro e trenta». Poi c’è il rischio tombini: trappole nascoste, voragini dai quali sono saltate, per via della pressione, le coperture. Si deve scavalcare la recinzione perché i cancelli sono chiusi. Si arriva così alla porta ma nella concitazione i proprietari si sono sbagliati a dare le chiavi. Allora si telefona, e quelli del Pettirosso sono autorizzati a rompere un vetro oltre il quale vedono il gattino miagolante. Missione compiuta: il micetto è in salvo.

2 commenti:

  1. Io, ogni volta che accade un fenomeno disastroso, quale alluvioni, incendi, terremoti, tsunami, il mio PRIMO pensiero va agli animali...
    il motivo è semplice: che nelle disgrazie sono spesso lasciati per ultimi, quando va bene...
    la precedenza, si sa, va a donne, bambini e vecchietti.
    Gli animali possono, secondo la logica meschina di certa gente, tranquillamente morire.
    E guai!, se in mezzo a tanta gente che commenta una catastrofe, mi lascio scappare il commento " e agli animali ci pensa qualcuno?".
    (ma io lo so e lo faccio apposta).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se vogliamo guardare all'aspetto positivo delle cose, oggi esiste un distaccamento della Protezione Civile che si occupa solo di loro.

      Gli zoofili del Novecento se lo sognavano.

      Elimina