sabato 17 maggio 2014

Tali i padri, tali i figli

 
Tratto da "Incompatibilità ambientale" - seconda parte. Prima parte QUI

Del resto Kant si dichiarava estasiato da due cose: il cielo stellato sopra e la legge morale dentro di sé intendendo probabilmente riferirsi all'intima voce della coscienza, per lo meno di una coscienza esercitata. Oltretutto, Cosimo era in regola con le sue argomentazioni poiché sempre più spesso le direttive ministeriali aggiornavano i propri suggerimenti nel senso umanitario di rispetto per gli animali.
Bastino alcuni esempi a conferma di ciò. La rivista "I diritti della scuola" del primo febbraio 1988 dice: "La tutela dell'ambiente e, in particolare, il rispetto verso gli animali dovrebbero essere una delle basi del nostro vivere civile, perché è possibile parlare di progresso solamente quando esso rispecchia e risponde a tutte le problematiche", mentre una circolare del ministero della Pubblica Istruzione del 1989 afferma: "La scuola deve creare una nuova cultura che trasformi la visione antropocentrica in quella biocentrica". Infine, i programmi della scuola materna, risalenti addirittura al 1969, sottolineano l'importanza di sviluppare nel bambino "il sentimento di rispetto e di amore per le creature, di fraternità, di nonviolenza e di amicizia nei confronti degli animali". Insomma, tra il dire e il fare ci andò di mezzo Cosimo.

Per non parlare della fallacia del ragionamento, basato su falsi presupposti, secondo cui quelle dei bambini sarebbero "deboli menti". Niente di più sbagliato. Stando a quanto ci dicono i fisiologi, l'apogeo dello sviluppo fisico e mentale si ha nell'individuo intorno ai quattordici anni e alcune discipline sportive come la ginnastica artistica e il nuoto lo testimonierebbero. Tuttavia, molte persone tendono erroneamente a far coincidere l'età della fanciullezza con una specie di buco nero, di tabula rasa in fatto di valori morali. Se è vero che la personalità impiega molti anni della giovinezza a formarsi, è altrettanto vero che un bambino di dieci o dodici anni può distinguere facilmente il bene dal male, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, perché ancora privo, nella maggior parte dei casi, di quel poderoso bagaglio di razionali e opportunistiche giustificazioni abilmente utilizzate dagli adulti per autoanestetizzare la propria coscienza.
Anche quel Natale passò e naturalmente Cosimo non tenne conto del minaccioso invito contenuto nella lettera del rappresentante di classe. Tant'è vero che, successivamente, gli capitò di leggere su un quotidiano locale un articolo scritto dai pescatori. Il titolo, lunghetto, suonava così: "Macchina fotografica accanto alla lenza. Saranno documentate le violenze sulla natura".
Già di per sé, un'affermazione del genere fa venire in mente quella frase evangelica per cui è più facile vedere un fuscello nell'occhio degli altri che la trave nel proprio. Infatti, ai pescatori non sfiorava minimamente l'idea che strappare brutalmente i pesci dall'acqua possa essere considerata violenza alla natura: per loro, violenza è quella degli industriali che scaricano veleni nei fiumi e quella dei maleducati che vi buttano le immondizie. A Cosimo la contraddizione sembrava troppo grossa e lampante per non usarla come spunto di discussione con i bambini. Anzi fece di più. Dopo aver letto l'articolo distribuì loro un questionario con poche domandine a cui potevano rispondere liberamente. Non tenne il suo solito sermone prima di ciò proprio per non influenzare le loro risposte. Venne fuori che la maggioranza dei bambini stava dalla parte dei pesci. Com'è prassi abituale, Cosimo rccolse le dichiarazioni più significative dei fanciulli e le spedì al giornale insieme al risultato del questionario. Il giornale, molto democraticamente, pubblicò il tutto. Le mamme, che devono sempre brontolare su qualcosa, non potendo accusare apertamente Cosimo di plagio poiché quanto scritto e pubblicato corrispondeva al pensiero reale dei loro figli, si lamentarono perché in calce ai brani spediti c'era il nome dell'autore. Non gli garbava che il nome dei loro bambini fosse comparso accanto a dichiarazioni contro la pesca, cioè contro un'attività sedicente sportiva, nonché socialmente approvata. Anni prima, con altre classi, Cosimo aveva fatto la stessa cosa sull'uccellagione e la corrida, con tanto di nomi e cognomi pubblicati e nessun genitore aveva avuto da ridire.
Ma la situazione di Varmo era diversa. Le fiamme del malumore venivano alimentate soffiando subdolamente sul bisogno di rivalsa dei genitori, ed era proprio quella donna impellicciata, insieme a pochi altri, che intendeva in tal modo vendicarsi. Per lo meno, Cosimo si era fatto tale opinione. A questo proposito, non gli si potrebbe proprio addebitare la colpa di essere impreciso perché quando era convocato dai vari direttori che si sono succeduti in quegli anni gli veniva fatto notare che esisteva sul suo conto un minaccioso dossier pieno zeppo di manchevolezze e di lamentele genitoriali, ma se lui chiedeva di poterlo visionare gli veniva negato perché trattavasi di segreto d'ufficio, di modo che Cosimo veniva a trovarsi nella situazione kafkiana in cui era accusato di certe intemperanze ma non gli era possibile conoscere il nome degli accusatori. Come se i funzionari che detenevano il famigerato cahier des doléances contro di lui temessero che Cosimo volesse vendicarsi dei suoi detrattori. Se le cose stavano così, non conoscevano abbastanza Cosimo Malnati. Avevano preso una precauzione per prevenire il suo furore ma ragionando in base ai propri modelli comportamentali.

Nonostante le prime avvisaglie della nascente opposizione nei suoi confronti, Cosimo continuava ad andare a scuola fischiettando, né intendeva permettere ai genitori di fargli perdere il buon umore. Avvicinandosi la mite stagione, non volle rinunciare alle tradizionali passeggiate primaverili. Le scuole rurali, rispetto a quelle cittadine, hanno questo grandioso privilegio: si può uscire a piedi con i bambini senza eccessivi pericoli e andarsene in giro per i campi. Purtroppo, oltre alle ansie che per un insegnante una passeggiata normalmente comporta, in quel caso, Cosimo dovette constatare con dispiacere che alcuni bambini, di quelli che in famiglia avevano percepito il disprezzo nei suoi confronti, avendo fatto la scelta di parteggiare con i loro genitori e volendo dimostrarlo all'insegnante, richiamavano la sua attenzione e sghignazzando affibbiavano una scudisciata con un bastone allo stelo dei fiori facendone saltar via la corolla. Sapevano così di fare un dispetto a Cosimo, che li lasciava fare sperando che con il suo disinteresse anche il loro ingenuo vandalismo perdesse di attrattive.
Elena invece aveva un comportamento ben diverso (non a caso sua madre era un'artista). Era dotata di molta fantasia, di modi aggraziati ed era perfino oggetto d'invidia da parte dei compagni, di cui abitualmente evitava la compagnia. Cosimo aveva un debole per lei. Il giorno della passeggiata, tornarono a scuola tenendosi per mano e declamando poesie tra gli urletti striduli degli stanchi compagni e il tripudio discreto della primavera. Ciascuno dei due, a turno, recitava le poesie che conosceva. Elena improvvisava, il maestro replicava con le sue reminiscenze scolastiche. Nessuno potrà conoscere l'intima gioia provata da Cosimo in quell'occasione (forse suggerita dal suo desiderio di paternità) e meno che mai quei genitori che lo accusavano di essere manesco con i loro figli.
Sempre a Varmo, più o meno nello stesso periodo, ci fu il caso della visita alla stalla. Le colleghe che insieme a lui insegnavano a due classi secondo il sistema dei moduli, cioè con la ripartizione delle materie fra i vari insegnanti, proposero di condurre le scolaresche a visitare prima la stalla di un contadino del paese e poi la latteria per mostrare ai bimbi i diversi passaggi nella produzione del formaggio. Cosimo inizialmente si mostrò restio ad accettare tale proposta perché non trovava edificante la visione di mucche incatenate, ma alla fine accettò dicendo alle colleghe: "Voi portate pure i bambini in stalla, ma io faccio la mia lezione alternativa!".
Cosimo fu di parola e la lezione che tenne s'intitolò "Visita alle mucche prigioniere", con tanto di immagini fotocopiate dall'enciclopedia "Conoscere" di negri costretti a lavorare nelle piantagioni, immagini messe a confronto con quelle dei bovini rinchiusi, frustati e costretti a produrre latte. La visita alla stalla e al caseificio, poi, non ebbe luogo, non tanto perché le colleghe di Cosimo ritenessero inopportuno presentare agli alunni messaggi contrastanti, quello che approvava l'antico sfruttamento e quello del collega Bastian contrario, quanto perché, volgendo l'anno scolastico al termine, non ci fu tempo per farla. Almeno, questa, fu la loro versione ufficiale.

3 commenti:

  1. Da anarchico non posso che augurarmi la chiusura della scuola di stato.
    A mio avviso la caratteristica che contraddistingue il popolo "italiano" è l'ipocrisia, infatti nelle "carte ufficiali" è raccolta una congerie di belle parole puntualmente e pervicacemente disattese con i fatti.

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