martedì 26 agosto 2014

La vita è un viaggio in camion brousse


Quando si viaggia in camion-brousse si parte col buio e si arriva col buio. Metaforicamente: il buio prima della nascita e quello dopo morti. Durante il viaggio si può essere in compagnia di bambini, adulti e animali, per qualche tempo, oppure, come nel caso di me e Tina, si può essere privilegiati, avendo molti soldi, e viaggiare avanti, come fanno di norma tutti i vazaha. Ciò significa che, a differenza dei rattrappiti passeggeri di seconda classe, noi di prima possiamo allungare le gambe, stando dietro il conducente, sempre che il suo vice non si prenda quasi tutto il posto, perché deve essere riposato in caso di necessità. In caso di malore del guidatore titolare. Dunque, anche i privilegi vanno rapportati in relazione al contesto, che è e resta quello del Terzo Mondo, con sporcizia e materassi che non hanno mai conosciuto il sapone in vita loro. Il lavoro del camionista è notoriamente un lavoro da uomini, che rifuggono dalle pulizie approfondite, pure da quelle grossolane, e io devo ancora incontrare un camionista che abbia le tendine al posto delle foto di donnine poco vestite. Non è, questo, il caso dei malgasci, famosi per la loro pudicizia unita alla non conoscenza del concetto di privacy.


Per fare pipì durante le soste, per esempio, sia uomini e donne, che bambini, aiutati i piccoli dai più grandicelli, non si allontanano mai di molto dal camion che rimane col motore acceso, perché non si sa mai che il guidatore parta senza qualcuno. Non è mai successo, comunque. E’ successo però che Maleka, un meticcio Karana simpatico e chiacchierone, non si sia fermato alla richiesta di fare sosta fisiologica e il vecchietto dietro che soffriva di diarrea se l’è fatta nei pantaloni, con grande disappunto degli altri passeggeri che hanno dovuto sorbirsi la puzza per il resto del viaggio, essendo che i bagagli dell’uomo erano ben sistemati sul tetto insieme agli altri e ben imbracati. I passeggeri, però, non alieni dal senso di giustizia, hanno condannato la prepotenza di Maleka che non ha voluto fermare il camion su richiesta pressante dei passeggeri e, in seguito, ha dovuto chiedere scusa. Cose che passano alla Storia e che rovinano la reputazione di un pilota altrimenti provetto.






Poiché l’ingresso posteriore principale, nonché unico, è disagevole da usare per via dei sacchi di riso disseminati sul pavimento, i bambini vengono fatti passare attraverso le sbarre laterali orizzontali che fungono da finestrini e anche molti uomini agili e ragazze scelgono quella via per porre fine alle pressioni vescicali o sfinteriche. Scene interessanti dal punto di vista antropologico, che ho fotografato molte volte.


I due maschietti e la femminuccia della foto, una volta posto rimedio all’incombenza idraulica, si sono lasciati da me issare in alto, verso le mani dei loro parenti, pronti ad accoglierli. Si sono lasciati issare con fiducia dall’uomo bianco, notoriamente cattivo con i bambini malgasci a cui spesso ruba il cervello e il pisellino, molto richiesti dalle industrie farmaceutiche francesi. O dell’isola di Reunion, che sempre Francia è. Solo una volta mi è capitato di vedere il terrore negli occhi di una bambina di tre o quattro anni, a cui mi accingevo a pulire il moccio, dopo aver svolto la stessa operazione, con discreto successo, ad altri bambini, che non avevano opposto resistenza. A quella bambina, essendomi accostato da dietro ed avendo ella incrociato il mio sguardo di Belzebub a pochi centimetri di distanza, dev’essere parso di morire ed è scappata come se avesse infatti visto la morte. Io sono rimasto come uno scemo con il mio fazzolettino in mano. E’ successo ad Akoronga. Tutti gli altri bambini, per lo meno quelli che ho incontrato il 17 agosto, sia che viaggiassero sia che abitassero nei villaggi dove ci siamo fermati per brevi soste, hanno dimostrato molto interesse amichevole nei miei confronti, alcuni anche arrivando a chiedermi un cadeau.

Infine, va rilevata non solo l’abilità di Maleka, che si ricordava di me ancora per il primo viaggio del 2009, ma anche della bravura dei meccanici, sia quelli di bordo, sia quelli che per esempio abbiamo trovato a Betioki, dove, guarda caso, il camion ha avuto problemi di accensione dopo che passeggeri ed equipaggio hanno consumato il pasto. Io ho digiunato avendo preso, poco prima, una pastiglietta di Nautamine, e se avessi messo qualcosa nello stomaco il suo effetto sarebbe cessato. Dopo la nausea iniziale, la pastiglietta ha fatto bene il suo effetto e il sacchetto per il vomito non mi è servito. E questo, nonostante viaggiassi davanti, che più davanti di così non si può. Il che dovrebbe farvi capire a quali scossoni si va incontro quando si viaggia in camion-brousse, che sono una metafora perfetta degli scossoni della vita.

Maleka e il suo secondo ci hanno portato sani a salvi a Besely Nord, ma il viaggio che avrebbe dovuto durare di norma 15 ore, da Tulear a Itampolo, si è rivelato molto più lungo e faticoso, giacché la sosta per la notte è stata fatta prima di Besely Nord, a Marolinta, ed era la prima volta anche per Tina che si facesse così. Da Marolinta siamo partiti alle quattro di notte, dopo una sosta di quattro ore, per arrivare a Besely alle quattro e mezza. Da Tulear eravamo partiti alle sei del mattino precedente: fate voi i conti. La camera dei nonni, che non sapevano del nostro arrivo, era la stessa delle due volte precedenti, ma i ragni non erano gli stessi, poiché i ragni hanno vita breve. Poi ci sarebbe il discorso delle latrine, che a Besely, come in tutta la brousse, semplicemente non esistono, ma questa, che potrebbe presentare risvolti comici, è una storia che racconterò in seguito. Per ora riesco a tenerla. Perciò tenetevi la curiosità anche voi, privilegiati del Primo Mondo, dotati di docce e bidet tout comfort.

Nessun commento:

Posta un commento