sabato 31 gennaio 2015

Il miglior guardiacaccia è sempre l'ex bracconiere



Fonte: National Geographic

(quinta e ultima parte)


Vede quel tratto di terra spoglia?”. Olivier Behra indica una radura disboscata al centro di una zona boscosa. «C’è un tizio laggiù che sta tagliando gli alberi. Sto cercando di convincerlo a fermarsi». «Come intende farlo?», gli domando. «Dandogli lavoro», risponde con un sorriso. I tentativi di Behra rappresentano una soluzione illuminata, seppur circoscritta, al dilemma delle risorse del Madagascar: promuovere tra gli abitanti dei villaggi i benefici immediati che si possono trarre da una foresta vitale. Behra, francese, arrivò per la prima volta in Madagascar nel 1987 con un progetto Onu per la salvaguardia dei coccodrilli dell’isola, poco amati e a grave rischio. Resosi conto che «solo dando valore ai coccodrilli la gente si sarebbe interessata a loro», Behra cominciò a pagare la gente del posto perché ne raccogliesse le uova. 

 
Dal 2000, attraverso la sua Ong Man and the Environment, Behra applica la stessa strategia alle foreste a rischio del Madagascar. A Vohimana, 160 chilometri a est della capitale, si è imbattuto in una foresta che nel corso degli ultimi 40 anni era stata ridotta della metà. Utilizzando le conoscenze della popolazione locale ha catalogato 90 piante medicinali ed elaborato le strategie per immetterle sul mercato estero, tanto che, a un certo punto, l’azienda francese Chanel si è interessata agli estratti delle foglie di alcune piante, come il marungi, per i suoi profumi. Così, già nel 2007 a Vohimana non si disboscava più, e oggi, invece di tagliare e bruciare, centinaia di abitanti dei villaggi raccolgono e vendono foglie che non avrebbero mai pensato potessero avere un valore economico.
«Io qui mi sono costruito la casa», racconta Behra. «La gente vede che non vado da nessuna parte, così sa che può fidarsi di me». La sua è una presenza utile ma discreta. Quando si è reso conto che «non si può semplicemente prendere uno che per tutta la vita ha fatto il taglialegna e pensare di trasformarlo in un agricoltore», Behra ha convinto il governo malgascio a consentire alla popolazione locale di continuare a usare una parte della foresta per raccogliere la legna con cui fare il carbone per uso domestico. 

Quando ha saputo che nel villaggio c’era un cacciatore di lemuri, Behra lo ha assunto come guida per i turisti appassionati del primate, mentre a un altro abitante locale, che si era sempre guadagnato da vivere raccogliendo specie rare di orchidee, ha affidato la gestione della sua serra di orchidee. Quando gli è venuto in mente di allevare i cinghiali della foresta, che stavano distruggendo la piantagione di manioca che aveva avviato lui stesso, i membri della tribù Betsimisaraka gli hanno detto che i cinghiali erano fady, e lui ha concluso che «ciò va rispettato». Behra ha anche convinto la Chanel a fare una donazione in denaro per il personale medico e per i pasti scolastici a Vohimana.
«Forse, operare su piccola scala come sta facendo Behra è più efficace che inseguire il sogno di salvare intere foreste», osserva Jean-Aimé Rakotoarisoa, per 30 anni direttore del Museo di Arte e Archeologia dell’Università di Antananarivo. «Quasi tutti i programmi di salvaguardia ambientale dicono: “Non bruciate la foresta perché è il vostro futuro”; ma queste persone non possono aspettare il futuro. Hanno fame adesso. Bisogna mostrare alla comunità i benefici immediati». Questo messaggio sembra aver fatto presa tra  alcune aziende che si occupano di estrazione di risorse su larga scala.

Oggi Rakotoarisoa lavora come consulente per il progetto Ambatovy, un’operazione mineraria da 3,5 miliardi di euro per l’estrazione di nichel e cobalto guidata da un consorzio straniero e localizzata non lontano dalla foresta di Olivier Behra. Il progetto, benché controverso, dato che non ha ancora mantenuto tutte le sue promesse, è stato pensato per evitare siti fady, e prevede di risarcire (e, dove necessario, trasferire) gli abitanti che ne hanno subito le ripercussioni e di coinvolgere continuamente la popolazione. Ma non si tratta di manifestazioni d’altruismo, ammette Rakotoarisoa. «Per motivi d’immagine, la società deve avere cura delle questioni ambientali e sociali. Non si possono fare affari qui se ci sono proteste sociali».

All’estremità sudorientale dell’isola, vicino a Tôlanaro, la società mineraria anglo-australiana Rio Tinto sta cercando di mettere in atto un’ambiziosa politica di cooperazione per compensare un progetto da 745 milioni di euro per l’estrazione dell’ilmenite, minerale ricco di titanio nonché ingrediente comune di vernici, carta e plastica. L’attività estrattiva ha portato alla devastazione di un habitat unico di foreste costiere che ospitava 19 specie endemiche di alberi, piante medicinali e canne utilizzate per intrecciare cesti. Tuttavia, a differenza dei baroni del legno del Nord del paese, la Rio Tinto sta cercando di conservare ogni singola specie. La società ha accantonato aree di foresta da proteggere, lanciato un programma di formazione agricola, costruito un porto marino pubblico, e per l’anno prossimo programma di recuperare le aree naturali danneggiate.

Benché gli abitanti di Tôlanaro abbiano una nuova strada, scuole nuove o ristrutturate e, in alcuni casi, nuovi posti di lavoro alla miniera, resta vivo tra i locali un certo scetticismo, insieme al dubbio che la società stia badando esclusivamente ai propri interessi. L’aeroporto di Antalaha è piccolo e spoglio. Cani e polli vagano in cerca di avanzi di cibo. Decine di persone attendono il volo in arrivo da Antananarivo. Dalla porta entra Roger Thunam, accompagnato dal suo assistente. Il magnate percorre l’edificio da una parte all’altra stringendo le mani a tutti, abbracciando le donne, scambiando parole gentili con gli astanti. Poi esce fuori, e fino all’arrivo dell’aereo, resta appoggiato con aria soddisfatta a un chiosco che vende frutta, bevendo da una noce di cocco assieme alla gente comune. È come loro, un uomo del popolo, che conosce la sua gente... e che dà loro da vivere, almeno per oggi.

[Fine quinta parte - Prima parte QUI - Seconda parte QUI - Terza parte QUI - Quarta parte QUI]
 

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