venerdì 23 ottobre 2015

Come picchiare la gente e farla franca


Testo di Andrea Mavilla

Cari amici, è proprio vero che in Italia riuscire ad avere un processo imparziale e corretto – soprattutto quando si tratta di valutare presunte azioni illegali di appartenenti alle forze di polizia – è un’impresa ardua. Per chi non fosse informato, l’8 settembre, durante un diverbio avvenuto in provincia di Roma – Anzio – un giovane, Stefano Brunetti, viene fermato e portato all’interno della Questura di Anzio. Una volta giunto in Questura, Stefano Brunetti viene rinchiuso all’interno di una delle tre camere di sicurezza. Secondo la versione rilasciata dai poliziotti, Stefano Brunetti, una volta rinchiuso all’interno della camera di sicurezza, si rende protagonista di atti di autolesionismo tanto da costringere gli agenti a chiamare il medico di guardia per sedarlo.

 
Stefano, intorno alle due di notte viene condotto nel carcere di Velletri, ma il giorno dopo viene ricoverato in pronto soccorso per le gravi condizioni riportate.
Ragazzo – esclama il Dott. Claudio Cappello – chi ti ha ridotto così?”.
A questo punto Stefano Brunetti risponde:

Mi hanno menato le guardie del commissariato di Anzio”.
Stefano Brunetti, qualche ora dopo questa affermazione – confermata dal Dott. Claudio Cappello – muore per le gravi lesioni riportate.
Il Pm Dott. Luigi Paoletti a seguito della denuncia avvia un’indagine che dura due anni, rinviando a giudizio Salvatore Lupoli, Massimo Cocuzza, Daniele Bruno e Alessio Sparacino. Tutti Poliziotti presso la Questura di Anzio
 
Gli imputati sono accusati di aver cagionato in concorso tra loro la morte di Brunetti Stefano tratto in arresto dai medesimi e trattenuto presso le camere di sicurezza del commissariato fino all’accompagnamento in carcere, con atti diretti a commettere il delitto di percosse o lesioni personali, segnatamente colpendolo più volte con un mezzo contundente naturale o non naturale… con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di poteri o comunque violazioni di doveri inerenti a una pubblica funzione”.

Il dott. Marella consulente medico legale della procura di Velletri che effettua l’autopsia rileva che le lesioni sono state prodotte nelle 18-20 ore precedenti il decesso ovvero nell’arco di tempo della sua detenzione nella camera di sicurezza del commissariato. La morte è stata causata da una emorragia interna provocata dalla rottura di due costole. Il processo si è concluso con l’assoluzione dei quattro agenti di Polizia – per non aver commesso il fatto – e confermando quindi la tesi dell’autolesionismo. D’altronde, sono centinaia i casi in cui appartenenti alle Forze Dell’Ordine – inquisiti, condannati e poi arrestati – per svariati reati, non solo non sono stati rimossi dal servizio, ma in certi casi han fatto addirittura carriera.

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