giovedì 15 ottobre 2015

Perché sono contrario allo jus soli


Perché il passo successivo sarà la concessione della cittadinanza italiana anche ai bambini stranieri semplicemente nati su suolo italiano, saltando il passaggio attualmente in vigore, posto come condizione, dei cinque anni di scolarizzazione del minore e del lungo soggiorno di uno dei genitori. Se l'obiettivo degli Illuminati è la creazione di un “melting pot” in Europa e nel mondo, fatto di schiavi sottomessi e privi di identità, la norma approvata in Parlamento è solo un piccolo passo in quella direzione. Nel caso invece dell'altro obiettivo degli Illuminati finanziari riguardante l'abolizione del contante, che il tetto massimo di uso libero del medesimo sia stato innalzato a 3.000 euro dai precedenti 1.000, non significa che il loro obiettivo sia venuto meno. I sindacati si sono dichiarati contrari e favorevoli invece alla moneta elettronica e questo ci fa capire gli interessi di chi stiano difendendo, mentre dicono di difendere quelli dei lavoratori. Poiché il pretesto dell'eliminazione del contante è la tracciabilità e la lotta all'evasione, basterà far scoppiare uno scandalo in cui il colpevole sarà un evasore, così che i sindacati e i loro padroni banchieri potranno dire: “Ecco, vedete? Noi vi avevamo avvisati!”. E il legislatore correrà ai ripari passando direttamente alla fine della moneta circolante. Se per esempio ad essere danneggiati saranno migliaia di risparmiatori, rendere obbligatoria la carta di credito sarà un passaggio indolore. Anzi, acclamato a gran voce.


Ma torniamo allo jus soli. La creazione di una società amorfa e indistinta, preludio al nuovo ordine mondiale, sta facendo passi da gigante. Sembra che in questo settore gli Illuminati abbiano una fretta bestiale. Naturalmente, stanno ben attenti ad usare la tecnica della ranocchia bollita di Noam Chomsky. Qui il terreno è delicato e non si può stimolare troppo la suscettibilità della gente, perché non si va a toccare solo il portafoglio, ma le radici intime dell'essere umano, il suo senso di appartenenza alla famiglia e al clan. In fondo, non è poi tanto importante che tutti, ma proprio tutti i 60 milioni di italiani, o i 250 milioni di europei di pelle bianca, si mescolino con africani e asiatici, perché si potranno sempre attuare, secondo il pensiero degli Illuminati, quei metodi di sfoltimento della popolazione di cui sono in possesso, sia che si tratti di pandemie mirate, che di guerre localizzate, magari partendo dall'Ucraina. O spingendo sull'acceleratore dell'ISIS. Con l'arrivo dei migranti, intanto, i registi occulti del NWO sono alle prese con gli umori e i malumori degli autoctoni. E penso che pure si divertano, a vedere quanto scompiglio la strisciante invasione attualmente in atto stia creando.


Quando un asiatico o un africano arrivano in Europa si portano dietro i loro schemi mentali, che per forza di cose sono diversi dai nostri. Se trova difficoltà ad adattarsi alla nostra “weltanschauung”, avrà di fronte a sé due possibilità: o porsi in relazione con i bianchi in modo parassitario, oppure in modo predatorio. Così vuole la Natura, anche la natura umana che da essa deriva. Tra arabi e africani subsahariani, per esempio (lasciamo per il momento da parte cinesi e filippini), c'è la differenza della religione. I primi tenderanno a porsi nei nostri confronti seguendo la modalità predatoria, perché glielo chiede il loro profeta; i secondi secondo la modalità parassitaria, dal momento che più che seguire i dettami coranici seguono quelli scritti nei loro geni basati sull'istinto di sopravvivenza. Quando i nostri parlamentari, che si rapportano col popolo secondo la modalità subsahariana, ci vogliono far accettare una nuova legge, ci dicono: “Ce lo chiede l'Europa”. Gli arabi invece, per farci accettare la Sharia, ci direbbero: “Ce lo chiede Allah”. In entrambi i casi, Europa e Allah, si tratta di astrazioni, con l'aggravante, nel secondo caso della non esistenza.


Sia i musulmani che gli animisti di pelle più scura, arrivati su suolo straniero tendono a frequentare le loro rispettive comunità. I primi sono meglio organizzati e, grazie alla coesione derivante dal loro credo superstizioso, si ritrovano in moschee all'uopo predisposte, ad ascoltare i proclami dei loro barbuti ciarlatani. Gli altri, africani intimamente animisti, non hanno luoghi di culto in cui ritrovarsi ma girano per le città italiane come girassero per la savana, brandendo l'invisibile lancia del cacciatore guerriero Masai. Gli verrà spontaneo andare a caccia di “muzungu”, sia da soli che in gruppo, e invece di essere sbranati dal leone, come a volte nella savana succede, potrebbero finire nelle mani della polizia ed essere sottoposti a breve carcerazione, ma questo fa parte dei rischi del cacciatore. In alcuni casi, nei territori italiani dove tradizionalmente imperversa la Mafia, potrebbero essere arruolati per commettere crimini di poco peso, come spaccio di droga o altri reati minori. Il lavoro grosso, gli omicidi, le rapine a mano armata e le estorsioni, per il momento la Mafia preferisce farlo fare a picciotti di pelle bianca, affidabili, sicuri e collaudati.


Il risultato è che la criminalità organizzata va per la sua strada senza intoppi, a parte qualche prevista battuta d'arresto e, all'occorrenza, può disporre di un serbatoio di potenziali criminali, da poco giunti dall'Africa, che sono ricettivi e ben disposti a vendere la propria forza lavoro al primo italiano che si presenta. Del resto, a fare gli schiavi nelle piantagioni di pomodori non ci tengono e quelli che lo hanno fatto mettono sull'avviso, sconsigliandolo, i loro compatrioti che vorrebbero farlo. La vita del raccoglitore di pomodori sotto il caporale è peggiore di quella dello spacciatore sotto le direttive del mafioso: nel primo caso ci si spacca la schiena, nel secondo si spaccia comodamente, in pieno giorno, prendendo piccoli accorgimenti e, una volta venduta la merce, si è liberi per tutta la giornata rimanente.


La storia è maestra di vita, ma un popolo che non impara dagli errori del passato è condannato a ripeterli. Ebbene, i nostri padroni a stelle e strisce, che da settant'anni, su suolo patrio, fanno il bello e il cattivo tempo, ci sono già passati, anzi, ci stanno tuttora passando: l'integrazione fra bianchi e neri non esiste. Poliziotti bianchi, ma anche qualcuno nero ben addomesticato, massacrano di botte e volentieri uccidono civili di colore che non sono lesti a buttarsi a terra con le mani dietro la nuca. Del Sudafrica, altro laboratorio in cui si è visto che l'integrazione non è possibile, si potrebbe dire la stessa cosa, ma gli USA sono quelli che conosciamo meglio. Dal Sudafrica, sui telegiornali italiani, rimbalza solo la notizia di Oscar Pistorius che ammazza la fidanzata, sulla base del principio che se un cane morde un uomo, non fa notizia, ma se un uomo morde un cane finisce in prima pagina su tutti i giornali. In Sudafrica i crimini commessi da sudafricani di pelle scura sono preponderanti e nei quartieri bianchi devono mettere una sbarra all'ingresso della via, con tanto di guardie armate a controllare chi viene e chi va.


Negli Stati Uniti, la maggioranza dei detenuti è di colore, così come in Italia lo è di stranieri. Il che vorrà pur dire qualcosa. Potrebbe voler dire che i giudici americani (e italiani) sono razzisti, ma potrebbe anche semplicemente voler dire, applicando il rasoio di Occam, che la popolazione afroamericana è più incline a commettere reati e, in Italia, che gli stranieri, compresi quelli di pelle bianca come albanesi e rumeni, sono parimenti inclini a delinquere. Poi, sia nel caso degli afroamericani, sia in quello degli stranieri che delinquono in Italia, si potrà andare alla ricerca delle giustificazioni morali, storiche e culturali che ci renderanno più accettabile il quadro generale, ma a livello pratico, per le vittime delle rapine in villa, per esempio, è di poco conforto sapere che l'Albania è stata per decenni sotto il tallone del comunismo e quindi sottoposta a miseria di stato. Alle vittime di tali violente intrusioni viene spontaneo supporre che se albanesi e rumeni fossero rimasti a casa loro, la rapina in villa non ci sarebbe stata e ad occuparsi dei delinquenti ci avrebbe pensato la polizia albanese e rumena rispettivamente.


Nel caso dei delinquenti afroamericani si potrebbe indulgere nei loro confronti pensando che tre secoli fa i loro antenati sono stati sottoposti all'orribile violenza di essere prelevati dai villaggi e imbarcati come bestiame sui velieri schiavisti e che dopo tre secoli la memoria genetica richiede adeguata vendetta nei confronti dei discendenti di quegli schiavisti, gli ex padroni delle piantagioni di cotone. Ma, anche in questo caso, le vittime di aggressioni e rapine compiute da coloured non possono fare a meno di sospettare che dietro tali reati ci sia una motivazione razziale. Il nero attacca più facilmente un bianco piuttosto che un “fratello” nero, per la stessa ragione che un albanese attacca più facilmente la villa di un veneto piuttosto che la roulotte di un Sinti, senza sapere, e nemmeno sospettare, che nella roulotte di un Sinti c'è più denaro che nella villa del veneto.


Sembra che il 40 % della popolazione rumena sia composto da persone di etnia Rom: ve lo immaginate un Rom rumeno appena arrivato che rapina un Rom italiano che vive qui da generazioni? Come hai fatto ad arricchirti, chiede il primo. Con le rapine, risponde il secondo. Ah, okay, allora le faccio anch'io, conclude il primo. Educazione siberiana. O balcanica, che dir si voglia. Noi, complici le maestre di scuola che ci facevano leggere “Ragazzo negro” e “La capanna dello zio Tom”, siamo stati indotti a credere che il razzismo sia univoco e vada nell'unica direzione dal bianco verso il nero e non viceversa, ma non è così. Posso testimoniare per esperienza diretta, essendomi recato in Madagascar dieci volte e in Sudafrica quattro, che il razzismo è biunivoco e va in entrambe le direzioni: dal bianco verso il colorato, ma anche dal colorato verso il bianco. E quella della differente pigmentazione, purtroppo, non è l'unica cagione dell'insorgenza del razzismo. Vi sono anche altri fattori, come causa scatenante.


C'è poco da fare! Il nostro cervello è strutturato così, con lo schema dell'appartenenza al clan in cui siamo nati. Migliaia d'anni in cui siamo vissuti come scimmie gregarie pesano sulle nostre scelte e preferenze. Ci sentiamo al sicuro solo se siamo circondati da gente come noi. Fuori dall'immaginaria cerchia ci sono dinosauri, orsi delle caverne e tigri dai denti a sciabola. Basta anche solo un membro di un'altra tribù per mandare in corto circuito i nostri neuroni e farci sentire in pericolo. Nella mia guida Lonely Planet del Madagascar c'è scritto nero su bianco (tanto per restare in tema) che a turisti e residenti spesso capita la “sindrome da spaesamento”, parole testuali. E cosa significa spaesamento se non essere sradicati, fuori posto, come pesci fuor d'acqua? Quando sentiamo italiani lamentarsi del fatto di sentirsi “stranieri in casa nostra”, è proprio questo che si vuole intendere: sentirsi circondati da nemici, essendo sufficiente per scatenare tale malessere anche la loro semplice presenza. Siamo fatti così. Milioni d'anni di evoluzione ci hanno condizionato e più che parlare di jusi soli, visto che la gente non ne ha consapevolezza, pur provando un inspiegabile disagio, sarebbe più giusto parlare di jus solitudine. La solitudine dei numeri primi. La nostra solitudine di profeti inascoltati.


1 commento:

  1. Mi sembra una tesi sforzata quella sostenuta dalle tue analisi. Negli USA ad esempio, potremmo ribaltare il paragone: come mai sono in maggioranza i "bianchi" a star bene economicamente? Un fatto di razza?
    L'altro giorno, ho visto in una pizzeria gestita da mussulmani, varie pizze a base di affettati suini...eppure sono mussulmani...
    Dimentichi che il "diverso" che giunge qua, si porta appresso una peculiarità che si deve confrontare con un contesto morale/ culturale diverso, ovvero deve adattarsi e col tempo noi adattarsi a "lui".
    Critico senza dubbio un'economia disumana che sposta come birilli gli uomini, ma ricordo che alla base ci siamo noi. Serve ratio e coscienza, ma siamo immersi in tutt'altro brodo e così come loro partono, così noi ripartiremo sentendoci esortare che questa è l'evoluzione da seguire, l'apertura mentale necessaria, parole dette da chi può esercitare realmente il lusso della scelta del proprio destino. E noi, mesti e rassegnati da secoli...ripartiremo con la nostra valigia come gli altri partono con la loro.
    Così il problema rimane, ma proggismolo su chi ne ha la resposabilità, non suo poveri cristi. A proposito...i primi responsabili....siamo noi.
    Mandi

    RispondiElimina