domenica 29 novembre 2015

Controllare l'ansia pensando che tutto alla fine si risolve


La mattina del 28 novembre mi ha portato la sua normale dose d'ansia. Ma è stata una cosa doverosa, una forca caudina a cui ho dovuto sottostare perché durante la notte, quando le zanzare permettevano al mio cervello di lavorare e a me di dormire, ho preso la risoluzione di tornare all'aeroporto di Ivato, onde risolvere il problema del visto. All'arrivo, infatti, sapevo che avrei dovuto pagare 50 euro per il visto di tre mesi, ma, consegnato il passaporto, mi è stato restituito con un timbro recante la dicitura “gratis”. Sul momento non ci ho fatto caso e, interiormente, ho pensato: “Vuoi vedere che per una volta tanto mi butta bene!”. E invece, il giorno dopo ho visto che sul timbro era stato scritto a mano: “trenta giorni”, tanti quanti sono concessi ai turisti, in Madagascar, con un visto dato gratuitamente per una specie di promozione o di incentivo a venire. 


Io e Tina avevamo stabilito di partire quella mattina per Antsirabe, ma “ubi major, minor cessat” e il contrattempo dell'aeroporto ci ha portato via tutta la mattinata. I poliziotti hanno provato a fare vazaha-profite, come d'abitudine, ma alla fine, con molta calma da parte loro, il primo timbro mi è stato annullato e sostituito con uno nuovo in cui a penna la funzionaria ha scritto i fatidici 90 giorni. Il prezzo da pagare è stato di 140.000 ariary, meno dei 50 auro previsti se mi fossi accorto subito dell'equivoco. La stanchezza del lungo volo non mi aveva dato la lucidità necessaria per rendermi conto che mi avevano appioppato un visto di 30 giorni, anziché di 90. Per fortuna, senza danni, ci ho messo una pezza dopo 36 ore. E non ero l'unico arrivato con quel volo ad essere incorso nello stesso inconveniente. Anche a una francese era successa la stessa cosa. Evidentemente, capita spesso, per lo meno ai turisti sbadati. Alle undici eravamo alla gare routiere di Ankadim-bahoaka. Dopo aver aspettato un'ora e mezza affinché il pulmino si riempisse, alle 16.00 eravamo ad Antsirabe.


A tre ragazze francesi salite sullo stesso taxi brousse, è stata somministrata una dose massiccia di vazaha-profite. Dietro i sorrisi e i modi gentili con cui le invitavano a salire e caricavano i loro zaini sul tetto del pulmino, c'è stata un'inculata di denaro pazzesca. Io e Tina, per fare quelle tre ore che separano Tanà da Antsirabe, abbiamo pagato 8.000 ariary a testa. Le ragazze ne hanno pagati 20.000 e siccome hanno voluto prendere un quarto posto per stare comode, in totale hanno speso 80.000 ariary (22 euro), mentre io e Tina ne abbiamo spesi 4 e cinquanta. E questo succede (ora faccio un po' di pubblicità) quando non si è accompagnati da una guida che conosca i prezzi. Quando poi siamo arrivati ad Antsirabe, abbiamo visto che subito le tre ragazze sono state circondate dai conducenti di pousse pousse, che sicuramente hanno completato l'opera con prezzi altrettanto maggiorati. E' soggettivo, ma immagino che quando l'incauto turista, non accompagnato da guida, realizza di essere stato reiteratamente imbrogliato per tutti i giorni della sua permanenza in Madagascar, potrebbe decidere di cancellare per sempre quel paese di ladri dall'elenco delle sue mete preferite. A me non è successo, grazie a Tina, ma ho dovuto, o meglio voluto, pagare il prezzo altissimo di averla sposata.


Eccoci pertanto giunti all'hotel Louis 15, dotato di wi-fi, anziché al Baobab privo di esso, che abbiamo doverosamente disdetto. Il wi-fi, a detta del proprietario francese originario di Chateaux de la Loire, funzionava così così in camera, ma perfettamente bene presso la reception. Provato subito a connettermi, ovviamente non funzionava da nessuna parte. E questa è la norma in Madagascar. Comunque, con il francese mi sono complimentato per la mobilia, anche se solo dopo un po' ho fatto il collegamento tra i mobili in stile Luigi 15 e il nome dell'albergo. Su mia richiesta d'informazioni, l'uomo mi ha spiegato che si tratta di riproduzioni fatte venire via nave direttamente dalla Francia e io devo riconoscere di non aver mai visto da vicino dei cassettoni e dei comodini così belli. E' coraggioso il proprietario, a lasciare alla mercé degli ospiti oggetti così pregiati, che non sfigurerebbero in qualche casa signorile o in qualche museo. Alla sera, sopprimendo la frustrazione della mancata connessione a internet, abbiamo passato una piacevole serata con Alessandro e sua moglie ivoriana Ernestine, ma di questo parlerò, forse, in un apposito reportage.

3 commenti:

  1. L'ansia la devi controllare per forza. E questo è particolarmente difficile in molti casi considerato il luogo in cui ti trovi. Solo in paradiso magari c'è pace e relax. Un paradiso che non esiste se non nella fantasia di qualcuno.
    Ciao

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    1. Stando a una certa pubblicità, anche in paradiso bevono caffè.

      Io qui faccio colazione con il the ed è notorio che la teina sia meno aggressiva della caffeina.

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