sabato 26 marzo 2016

Non c'è solo Beretta



Le nostre produzioni si basano su una grande specializzazione, il che significa forza lavoro stabile e ben remunerata, con un fulcro generatore tutto italiano: la nostra industria non importa se non alcune, poche, materie prime, mentre esporta il 90% di quello che produce con un effetto moltiplicatore sulla ricchezza dell’Italia che non può essere sottovalutato”.
[Nicola Perrotti, presidente dell’ANPAM, l’Associazione Nazionale Armi e Produttori, 2013].


Visto che il mondo continua ad essere devastato dalle guerre, è bene pubblicare questi dati che riguardano il peggio dell’Italia, una nazione che si riempe la bocca di parole come pace e cooperazione e vanta una produzione e commercializzazione d’armi spaventosa. È bene che sappiate come si guadagna il grosso dei suoi soldi l’Italia e cosa ne pensa di bombe, missili, fucili d’assalto, armi chimiche, caccia bombardieri e carri armati la classe dirigente del nostro paese. È bene che sappiate quanta falsità e quanto menefreghismo caratterizzano le vite dei signori della guerra italiani: imprenditori del mercato degli armamenti e politici che permettono ed “autorizzano” la finanziazione, produzione e commercializzazione di armi

Attualmente sono in corso oltre 30 conflitti armati di grandi dimensioni nel mondo (senza contare guerriglie e sommosse), secondo l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP), programma del Peace Research Institute di Oslo e l’Italia delle armi non fa altro che fomentare questo tragico quadro. Gli articoli “Made in Italy” più venduti:  carri armati, aerei, elicotteri, navi, artiglieria, bombe, missili, siluri, fucili, munizioni e armi chimiche antisommossa (venduti ai corpi di Polizia di Spagna, Romania, Brasile, Bangladesh, fra gli altri). L’azienda più forte: Finmeccanica (9º posto nella produzione mondiale di armi) e le sue filiali: Agusta Westland, Alenia Aeronautica, Selex, Mbda. Complimenti, davvero un orgoglio, bravi!

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