sabato 9 luglio 2016

Viviamo già sotto l'occhio vigile del Grande Fratello



Fermo, 8 luglio – “Mi hanno eliminato il profilo Facebook, non c’è più niente, hanno cancellato i miei amici, tutte le mie foto, i miei ricordi. Basta, lasciatemi in pace”. Pisana Bachetti, la donna che ha ribaltato la versione di comodo dell’omicidio di Fermo, raccontando l’aggressione subita da Amedeo Mancini prima di sferrare il fatidico pugno, ora sta pagando cara la sua testimonianza. Intervistata dal quotidiano locale Cronache Fermane, la testimone ha raccontato di come la sua vita “sia diventata un inferno. Appena due minuti fa ho ricevuto l’ultimo messaggio. Mi davano della nazista. Ed è solo uno dei tanti che mi stanno arrivando. L’elenco è lungo: xenofoba, e tanto altro ancora. Sto passando un incubo“. Una persecuzione che la donna non riesce a spiegarsi: “Questo solo per aver fatto quello che ogni cittadino nella mia situazione avrebbe dovuto fare”.



La “colpa” della donna è quella di aver fornito una versione dei fatti più vicina alla realtà, quella di un litigio finito in tragedia. Una colpa grave in un mondo dove media, politica e pubblica opinione avevano già deciso secondo schemi preconfezionati e politicamente corretti, chi fosse la vittima e chi il carnefice, in linea con l’ideologia dell’accoglienza e dell’obbligatoria condanna alla xenofobia. Pisana Bachetti è esasperata, le pressioni che sta subendo le fanno maledire il giorno in cui si è trovata sul luogo del delitto e la conseguente scelta di raccontare quello che aveva visto: “Ho fatto solo il mio dovere da cittadina ed ora mi trovo all’inferno. Non voglio più essere disturbata, basta, lasciatemi in pace, non voglio dire più niente né parlare con nessuno. Sono stata sbattuta in prima pagina quasi prima del nome dell’assassino. Ricevo chiamate da tutta Italia“.

Tra i media che non hanno preso minimamente in considerazione la versione della testimone oculare dei fatti, la prima ad aver chiamato la polizia, la propaganda che si è generata intorno all’uccisione di Emmanuel Chidi Namdi e la censura che in Senato ha dovuto subire Giovanardi, lo scenario da caccia alle streghe è abbastanza completo. A rendere il tutto ancora più orwelliano c’è poi l’elemento della cancellazione del profilo Facebook della donna, avvenuto subito dopo la pubblicazione della sua testimonianza. “Mi hanno eliminato il profilo Facebook, non c’è più niente, hanno cancellato i miei amici, tutte le mie foto, tutti i miei ricordi. Basta, lasciatemi in pace”.

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