giovedì 15 settembre 2016

L'arte del riciclo, che noi abbiamo dimenticato


In Madagascar, i negozi di ferramenta, per lo meno quelli seri dove si trova di tutto, li gestisce la minoranza Karana, ovvero i musulmani di origine pachistana. In altri negozietti lungo le strade, gestiti da malgasci negroidi, si possono trovare attrezzi da lavoro, di produzione immancabilmente cinese, insieme a pezzi di ricambio di macchine e macchinari. Di modo che, più che negozi di ferramenta, sembrano chioschi di oggetti usati, dai chiodi storti alle selle di bicicletta consunte, dai bulloni spanati alle gabbie dei ventilatori rabberciati alla bell'e meglio, tanto che per me, che quando sono in Italia faccio i mercatini, hanno un aspetto familiare. 



Queste due foto curiose sono state da me scattate nel quartiere di Tulear deputato a tale genere di merci, vicino alla sede della Jirama, e più che di arte espositiva degna dei migliori vetrinisti, secondo me si dovrebbe parlare di addobbi natalizi. Per lo meno, questo è ciò che a me fanno venire in mente: alberi di Natale. Ci vuole molto tempo e molta pazienza per allestire simili negozietti, ma i malgasci, secondo il loro peculiare stile di vita sintetizzato nell'espressione “mora mora” (piano piano), di tempo e di pazienza ne hanno in abbondanza. Un po' meno di clienti. Altro aspetto positivo: la cultura del riciclo, con la quale i malgasci hanno fatto di necessità virtù. Bisognerebbe prendere esempio da loro e adottarla anche noi occidentali, se non fosse per quella maledetta obsolescenza programmata che ci impone un destino di schiavi consumatori.


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