lunedì 10 ottobre 2016

Alieni infermieri


Fonte: Panorama

Il fisico è ancora asciutto e atletico, ma il volto segnato dalle rughe e  baffi e  chioma innaturalmente scuri rivelano che gli anni sono passati anche per lui. Travis Walton era solo un ragazzo quando fu protagonista di una vicenda a dir poco sconcertante- la prova dell’esistenza degli Alieni per i suoi sostenitori, una clamorosa menzogna per i suoi detrattori. Oggi è un 63enne di bell’aspetto che gira il mondo per raccontare la sua storia e per dire che no, non si è inventato nulla. Alla fine di settembre era a Milano, ospite del meeting Figli delle Stelle promosso da Extremamente.  Un ospite molto atteso che non ha deluso il suo auditorio.  Davanti ad un pubblico attento ha riavvolto il nastro dei ricordi ed è tornato indietro fino a quel giorno di quasi 41 anni fa- il giorno in cui la sua vita è cambiata per sempre, il giorno in cui sarebbe entrato in contatto con una realtà extraumana. Ma ha anche inquadrato in un nuovo modo la sua esperienza di addotto- forse il più famoso del mondo- e spiegato che il suo rapimento, in fondo, tale non è stato. “È stata un’operazione di soccorso”, ha dichiarato.



La data per sempre scolpita nella sua mente è quella del 5 novembre 1975. Stava facendo buio e insieme ai suoi colleghi- sei taglialegna di Snowflake, Arizona- tornava a casa dopo una giornata di lavoro nei boschi. All’improvviso,  tra i rami degli alberi videro lampeggiare una luce insolita. “All’inizio credevo che fosse la luna, ma poi ho capito che non poteva essere… Era un bagliore di color giallastro, almeno così mi sembrava”, ha ricordato uno dei suoi compagni, John Goulette, testimone oculare di quei fatti, intervistato da Jennifer Stein per il nuovo docufilm che ricostruisce la vicenda. Ancora inedito in Italia, si intitola “Travis- The True Story of Travis Walton”.


Mentre i sei amici restavano a guardare stupefatti, Travis- allora 22enne e forse un po’ incosciente- si precipitava fuori dal furgone avvicinandosi curioso a quell’oggetto luminoso, sospeso a mezz’aria a qualche metro da terra  tra gli alberi della foresta. Arrivato a pochi passi dallo scafo, col cuore in gola per la paura, l’imprevisto: una scarica elettrica lo colpì in pieno, lasciandolo tramortito a terra.
 "Non penso che sia stato un raggio emesso volontariamente, ma una scarica del tutto accidentale, per quanto molto intensa"- ha spiegato al pubblico. "I miei amici sono scappati perché credevano che fossi morto. Non è giusto considerarli dei codardi, Mike (il suo caposquadra, N.d.A.) doveva salvaguardare il gruppo. E poi bisogna dar loro il merito che sono tornati a cercarmi. Credevano di trovare un cadavere fatto a brandelli o carbonizzato. Invece, il mio corpo non c'era, ma c'era quell'oggetto che si stava alzando in aria. E lo videro anche dei campeggiatori, quella notte."


Per cinque giorni, Travis sarebbe rimasto all’interno di quella astronave, nel panico, circondato da esseri sconosciuti dalle intenzioni per lui poco chiare, alcuni con le caratteristiche degli alieni Grigi, gli altri invece riconducibili forse alla tipologia dei Nordici. “Sì, ho visto due diversi tipi di Extraterrestri”, ha confermato quando l’ho intervistato. “Inizialmente, pensavo che i secondi- dato che assomigliavano molto agli umani-  fossero personale di una qualche agenzia terrestre, magari  dell’Aeronautica Militare o cose del genere, ma adesso credo davvero che si trattasse di Alieni  dall’aspetto simile al nostro.


Potrebbero passare inosservati tra la gente della Terra  e magari qualche volta davvero si muovono in mezzo a noi… Gli scettici provano ad obiettare: biologicamente gli Alieni non possono avere due braccia, due gambe, devono essere piuttosto simili a piovre o ad insetti… Ma io non sono d’accordo, anzi penso che qualunque creatura in grado di costruire quei macchinari  che possono attraversare lo spazio e percorrere quelle distanze viaggiando da altre stelle, deve assomigliare molto agli esseri umani- almeno in apparenza. Lo dico sulla base  del principio biologico che vale per gli animali della Terra:  se vivono nello stesso ambiente sono molto affini, anche se sono uno estraneo all’altro”.


Il 10 novembre 1975, Travis riapparve all’improvviso com’era sparito. Disidratato, con la barba lunga e con gli stessi abiti che indossava cinque giorni prima- e che non avrebbero potuto proteggerlo dal freddo delle notti quasi invernali di Snowflake. Lo sceriffo che lo aveva inutilmente fatto cercare battendo le foreste con i suoi uomini, i cani, gli elicotteri, credeva che il ragazzo fosse stato ucciso dai colleghi. Quando Travis tornò, invece, si convinse che l’intera storia fosse un colossale inganno e fece di tutto per dimostrarlo. “In tutti questi anni,  ho superato cinque test della verità, effettuati da 3 diversi esaminatori, tutti con molti anni di esperienza alle spalle,  gente molto competente e professionale nel condurre gli interrogatori”, mi ha assicurato Walton. Impossibile, dice lui, che abbia saputo ingannare ogni volta quella macchina, il poligrafo, tarata proprio per scovare dal battito cardiaco alterato l’emozione che nasconde una bugia. “Non c’è possibilità che ci siano stati errori nel test della verità. È la stessa tecnologia che FBI e CIA usano ancora oggi. “


Ma  molti ovviamente pensano che il suo racconto sia falso, che quel giorno lui e gli amici si siano messi d’accordo per realizzare la burla del secolo o che- magari- qualche spinello di troppo abbia annebbiato i loro sensi e i loro ricordi. “C’è stato anche un tentativo mascherato di discreditare la vicenda, utilizzando tutte le tecniche  di propaganda da manuale, ma io ho affrontato ogni teoria e dimostrato che nessuna di queste interpretazioni aveva alcun senso,  come ad esempio il tentativo di sostenere che sia stata un’allucinazione di massa o persino un’allucinazione prodotta dalla droga. Sette persone non possono avere le medesime visioni!”, ha obiettato l’ex taglialegna.
Di sicuro, in tutta questa strana situazione, c’è il ciclone mediatico che lo ha investito. La stampa, già in quel lontano 1975, ha cavalcato la sua storia e da allora Travis Walton non è mai uscito dalla luce dei riflettori. 


Prima con il suo libro “Fire in the Sky”, poi con il film ispirato alla sua vicenda (ma pieno di inesattezze e forzature, sostiene lui) con il titolo in italiano “Bagliori nel buio” e ora con questo documentario diretto dalla Stein che ha partecipato a vari festival negli Stati Uniti.  Su di lui è stato detto e scritto di tutto. Ma la sua vita - dice- “è stata completamente stravolta, in ogni senso. Ho perso il lavoro, tutti guardavano con sospetto me, i miei amici, i miei famigliari. E molte scelte professionali che avrei potuto fare  mi sono state precluse alla luce di quanto è accaduto.” Ma cosa è veramente accaduto? A dar credito a lui, qualcosa di incredibile e di meraviglioso insieme. Oggi, a distanza di tanti anni, il terrore ha lasciato il posto alla riconoscenza.   L’incubo che pensava di aver vissuto sembra adesso una disavventura a lieto fine. Me lo ha confessato senza mezzi termini. “All’epoca, ho vissuto quell’esperienza in modo estremamente drammatico, ci ho messo molto tempo ad accettare l’idea di essere stato rapito.
Ma in 41 anni ho gradualmente, molto gradualmente, elaborato un'altra idea: più che un rapimento, è stato come l’intervento di un’ambulanza, è stato necessario portarmi a bordo per rianimarmi.” Quindi, ti hanno salvato? “Sì, mi hanno salvato da me stesso.  Sono stato proprio uno sciocco ad avvicinarmi così tanto, fino al punto di farmi del male, e loro si sono trovati nelle condizioni di dovermi soccorrere.”    


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