domenica 5 marzo 2017

La terra dei succhi


Sto cominciando a pensare che se si vuole vivere confortevolmente ai tropici, oltre al frigorifero, al ventilatore e alla zanzariera, uno strumento importante è il frullatore. Da molti mesi, da prima ancora che io partissi dall’Italia nel novembre scorso, Tina mi chiedeva di portarle il Minipimer che ho a Codroipo, cosa che non ho fatto perché mi può essere utile lì quando ci vivo, ma soprattutto perché non avevo spazio nella valigia. Ho voluto privilegiare vestiti, dal momento che vendere indumenti è già da tempo il principale lavoro di Tina, mentre aspetta che si facciano avanti clienti che la richiedano come guida turistica. Così, il primo marzo scorso è andata da sola in un negozio di elettrodomestici gestito da Karana, la minoranza musulmana del Madagascar, e per 65.000 ariary ha comprato un frullatore di fabbricazione francese. Benché non sia cinese, è costato poco: 18 euro. Vi è andata da sola perché anche i malgasci arabi, come i loro connazionali negroidi, hanno il brutto vizio di fare “vazaha-profit” e quindi mi sono astenuto dall’essere presente per evitare inutili perdite di tempo.



L’acquisto di un frullatore si mostrerà utile perché i succhi di frutta che compravamo dalla sua omonima in città, Madame Tinah, costavano dai 3.000 ariary per il succo di baobab ai 3.500 per la guava, la garana e il corossol. Le bottiglie utilizzate sono quelle di plastica dell’Eau Vive, da un litro e mezzo. Se si pensa che un chilogrammo di frutti di guava, comprati al mercato di Sakamaha, costa 2.000 ariary, e basta aggiungere acqua e due cucchiai di zucchero per ottenere tre litri di succo, si capisce che è molto più conveniente farseli in casa piuttosto che comprarli. Madame Tinah non fa il succo di cocco, ma per noi è una delle cose che abbiamo messo in programma di fare. Quelli in foto sono localmente chiamati garana, mentre per i francesi sono le grenadelle e per noi il frutto dellapassione. Non sono sicuro che si possa trovare anche nei supermercati italiani, oltre ai classici mela, pera, pesca e albicocca. Per certo, il succo di baobab in Italia non c’è, mentre quello di cocco forse si trova solo in estate nelle località balneari, ma anche in questo caso, non ne sono sicuro.




Prima di cimentarci con la guava, detta anche guaiava, e con la grenadelle, abbiamo voluto provare una cosa strana che avevamo assaggiato per la prima volta ad Antsirabe l’anno scorso: il succo di prezzemolo. A Tulear non lo fa nessuno. Non è che il suo gusto sia sgradevole, ma bisogna esserci abituati. Il sapore del prezzemolo si sente tutto, in bocca, e se il succo è della temperatura giusta, tenuto in frigo a lungo, diventa una bevanda piacevole e dissetante. Probabilmente, fa anche bene alla salute. Non sono un nutrizionista e più di così non so. Quella che invece è una vera delizia è la guava, originaria del Messico e dagli spagnoli chiamata guayaba. Ha la buccia gialla e la polpa rosa, per lo meno quella che si trova in Madagascar e, come per il frutto della passione, ci sono decine di diverse varietà. Bevuto freddo, il succo di guava è una delle bevande più buone che si possano bere da queste parti. Gli astemi possono venire in tutta tranquillità in Madagascar, ché di certo le soddisfazioni non mancheranno loro.


Un’altro esperimento che intendiamo fare è quello del succo di tamarindo. Al mercato sono in vendita i frutti del famoso albero, secchi, di colore marrone e dal sapore aspro. Non essendoci polpa, andranno trattati in modo diverso dalla guava e dalla garana e necessiteranno di abbondante zucchero, data la loro asprezza. Infatti, Tina dice che il frullatore nel loro caso non si usa, ma basta bollirli e poi filtrare il tutto. Per il mango, la papaya e il corossol non ci dovrebbero essere problemi, avendo il frutto una polpa tenera, ma, se posso esprimere una mia opinione, il gusto del corossol non è poi così buono, specie se paragonato alla guava. Quello del mango e della papaya risultano troppo pastosi, specie la seconda, e hanno la tendenza a provocare nausea essendo troppo dolci, ma questa potrebbe essere solo una mia opinione. Ho l’impressione, tuttavia, di aver dimenticato qualcosa, qualche frutto polposo che possa essere frullato e trasformato in bevanda. Al supermercato Score, per esempio (e nei mercati frequentati dai malgasci non si trova) c’è un frutto misterioso che in francese si chiama Mangustine, da cui si ricava anche un tipo di rhum. Se il frutto ha una polpa tenera (e se non costa troppo) proveremo anche quella.  

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