giovedì 29 giugno 2017

Alla corte del re burgundo


Spesso, dei buonisti favorevoli all’accoglienza, ci chiediamo cosa gli dice il cervello. Spesso, parlando con chi vuole aprire totalmente le frontiere, senza vedere gli inconvenienti, mi sono chiesto come facciano ad essere così ciechi. Ancora non ho trovato una risposta soddisfacente, ma un nobile romano vissuto nel quinto secolo dopo Cristo mostrò la stessa cecità quando un monaco lo portò in giudizio alla corte del re burgundo, in Gallia. Il monaco lo accusava di imporre tasse esose ai contadini e in genere di maltrattare i sudditi del suo vescovado, dal momento che il nobile era anche vescovo, come succedeva all’epoca. Di fronte al re burgundo, assiso al trono in terra di Francia su volere dell’imperatore romano, il nobile chiese: “Come ti permetti?! Chi sei tu? Non sei forse quello che anni fa profetizzò la fine dell’impero romano? E dov’è questa fine se io sono ancora qui, a capo di questa contea, grazie all’imperatore di Roma?”. Il poveretto non si era accorto di nulla. Non si era accorto che a pochi metri da lui c’era un re germanico messo sì a capo del regno per volere dell’imperatore, ma di romano non aveva nulla.


Lo sfacelo era cominciato anni prima con l’imperatore Valente. Ammassatesi sulla riva nord del Danubio grandi masse di goti in fuga dagli unni, i comandanti delle guarnigioni di confine non se la sentirono di prendersi la responsabilità di farli entrare e mandarono una delegazione di goti fino in Siria, per chiedere lumi direttamente all’imperatore. Il quale, siccome aveva bisogno di nuove reclute, diede parere favorevole e i goti cominciarono ad entrare nell’impero. Ma in breve tempo avvenne ciò che sta accadendo anche ora: si era sparsa la notizia che i confini erano stati aperti e sulla sponda nord del Danubio si ammassarono anche tribù che non erano in fuga dalla guerra, cioè dalla ferocia degli unni, ma anche popolazioni che volevano godere dei benefici della cittadinanza romana. A quel punto, cominciarono i casini. Quella grande folla di goti fu scortata verso l’interno. La guardia di confine fu praticamente annullata dovendo scortare la fiumana di profughi. E i nuovi arrivati, vedendo la strada libera, ne approfittarono. Quando l’orda arrivò nei pressi di una città fortificata, il padrone del luogo non permise né ad essa, né ai soldati di scorta di accedervi. La rabbia dei goti non si fece attendere e quella fu la scintilla, quello fu l’inizio delle cosiddette invasioni barbariche, verificatesi per il buonismo opportunista dell’imperatore Valente. I bellicosi goti sbaragliarono le truppe romane e fiumi di sangue cominciarono a scorrere. Noi oggi siamo ancora nella fase della cecità buonista. Li stiamo facendo entrare tutti, anche se in queste ultime ore Mattarella e Minniti lanciano alti lai. Che stiano presentendo l’arrivo della resa dei conti? Dopo 1600 anni, scorreranno di nuovo, in Italia, fiumi di sangue?


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