domenica 10 settembre 2017

Bufala che vince non si cambia


Testo di Paolo Sensini


Quando nel marzo 2011 scoppiò la guerra contro la Libia, uno dei motivi più ricorrenti sui media era che gli africani venissero incarcerati "dentro lager nel deserto". Mancavano solo le camere a gas e poi all'intero pacchetto propagandistico non sarebbe mancato nulla. Ma era una notizia che circolava quasi esclusivamente in Italia grazie a un DVD tarocco distribuito dal settimanale debenedettiano "l'Espresso". E tanto bastava! Negli altri Paesi europei non ne sapevano nulla, insomma era la solita variante introdotta dall'estro giornalistico italiota. Quando partecipai insieme a una delegazione internazionale in Libia nell'aprile 2011, a guerra già iniziata, una delle cose che cercammo subito di verificare era se davvero esistessero questi famigerati "campi di concentramento per africani nel deserto", di cui tanto si favoleggiava ma che però non erano suffragati da alcun elemento probatorio. Bene, dopo innumerevoli accertamenti e interviste sul campo effettuate con un gran numero di africani incontrati un po' ovunque, abbiamo stabilito che si trattava, per usare una terminologia oggi molto in voga, di una bufala o fake news. Una bufala con la quale però, almeno a beneficio delle plebi televisive nostrane, dal presidente Napolitano a tutto l'arco parlamentare, si era fatto in modo di trascinare l'Italia in guerra insensata contro un Paese amico. 


Ora, mutatis mutandis, siccome lorsignori sono a corto d'argomenti tirano di nuovo fuori dal mazzo propagandistico la carta dei "lager in Libia" per impietosire l'opinione pubblica. Motivo? La gente non ne può più delle fandonie messe in circolo a livello industriale dai media di regime e l'intera "operazione accoglienza" rischia d'incagliarsi e subire uno stop. Con tutto ciò che questo significa in termini di mancati guadagni, clientelismo e ingegneria sociale per l'unico vero giro d'affari che cresce rigoglioso in Italia. Che fare allora? Ecco spuntare magicamente i "lager per africani", ed è ancora una volta la portaerei della più grossa concentrazione editoriale italiana (Gruppo L'Espresso-la Repubblica-La Stampa + Corriere della Sera & co.) a essere capofila dell'operazione.

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