giovedì 7 settembre 2017

Dal nazismo gli Alleati ci liberarono a forza di stupri



«Adesso lui mi stava sopra; e io mi dibattevo con le mani e con le gambe; e lui sempre mi teneva fissa la testa a terra contro il pavimento, tirandomi i capelli con una mano; e intanto sentivo che con l'altra andava alla veste e me la tirava su verso la pancia e poi andava tra le gambe; e tutto a un tratto gridai di nuovo, ma di dolore, perché lui mi aveva acchiappato per il pelo con la stessa forza con la quale mi tirava i capelli per tenermi ferma la testa.» Ho deciso di introdurre l’articolo con le parole di Moravia, tratte dal libro La Ciociara, poiché le ritengo educative per analizzare i fatti che seguiranno. Una nuova pagina di storia negata, dimenticata dai libri che i nostri figli sfogliano e studiano a scuola. Avanziamo rapidamente e tutto dimentichiamo. Lasciamo dietro di noi migliaia di martiri senza nome ed eleviamo agli altari personaggi alquanto dubbi con un passato non sempre limpido. Siamo un paese senza memoria. Le marocchinate: con questo termine s’identificano tutte le violenze sessuali e fisiche perpetrate dalle truppe marocchine, al seguito del contingente di liberazione alleato, su migliaia di persone durante la campagna d’Italia della seconda guerra mondiale. Il 14 maggio del 1944 i goumiers del corpo di spedizione francese attraversano i Monti Aurunci, considerati inviolabili sino a quel momento, aggirando le linee difensive tedesche nella Valle del Liri. Con quest’operazione consentono al corpo britannico di sfondare la Linea Gustav e di avanzare sino alla successiva linea di difesa tedesca, la Adolf Hitler.


Il termine goumier indicava un soldato di nazionalità marocchina incorporato nell’esercito francese nel periodo compreso tra il 1900 ed il 1956. I goumiers non erano organizzati in divisioni regolari ma in goums, cioè gruppi composti da circa una settantina di uomini legati tra loro da vincoli di parentela. La caratteristica principale di queste truppe era l’addestramento nei combattimenti montani. Combattere in montagna e sopravvivere in condizioni difficili era naturale per questi soldati vissuti sui monti impervi e duri dell’Africa settentrionale.

“Agiscono come una marea su una fila di castelli di sabbia. Sono capaci di spingersi ad ondate su un massiccio montano dove truppe regolari non riuscirebbero mai a passare. Attaccano in silenzio qualsiasi avversario si presenti, lo distruggono e tirano via senza occuparsi di quel che accade a destra o a sinistra. Hanno l’abitudine di riportarsi indietro la prova delle vittime uccise; perciò sono nemici con cui non è piacevole aver a che fare”. Così li descrive Fred Majdalany nel suo libro La Battaglia di Cassino. I goumiers, come detto in precedenza, sfondarono la Linea Gustav. Occorre specificare la situazione: la Gustav fu una linea difensiva approntata in Italia su disposizione di Adolf Hitler nel 1943. Tale linea aveva il compito di dividere in due il paese. La linea cedette nel maggio del 1944 costringendo i tedeschi sulla linea successiva, la Adolf Hitler. La seconda linea era posta a circa 10 km dalla precedente ed aveva il compito di contenere eventuali cedimenti della linea Gustav. La Linea Hitler cedette alla fine di quel terribile maggio del 1944. Ritorniamo al 14 maggio del 1944.

Per incentivare i combattenti allo sfondamento della Gustav il generale Alphonse Juin promise ai goumiers 50 ore di libertà. Secondo alcune fonti il generale Juin pronunciò il seguente discorso, che apparve su dei volantini tradotti in francese ed in arabo: «Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c'è un vino tra i migliori del mondo, c'è dell'oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete.» In quelle 50 ore accadde ogni misfatto che l’essere umano sia in grado di compiere: i marocchini saccheggiarono paesi e borghi, perpetrarono violenze fisiche e sessuali sulla popolazione inerme. Tra i paesi colpiti vi fu il comune d’Esperia. Il sindaco affermò che oltre 700 donne furono stuprate ed alcune di loro morirono in seguito alle violenze riportate durante i forzati atti sessuali. Molte di queste donne subirono lo stupro alla presenza dei mariti, o dei genitori quando si trattava di bambine. Molti uomini furono uccisi perché tentarono con ogni mezzo di difendere le proprie donne, o bambine quando si trattava di padri di famiglia. Il parroco del paese nel disperato tentativo di difendere le donne fu catturato, legato ad un palo e sodomizzato per due giorni sino al sopraggiungere della morte, probabilmente tanto sperata in quei dolorosi momenti.

Le violenze dei soldati marocchini non si esaurirono ad Esperia, e sicuramente non si arrestarono alle fine delle 50 ore di libertà – se mai sono esistite le 50 ore. «Tutte le donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino, e Morolo sono state violentate. A Lenola il 21 maggio hanno stuprato cinquanta donne, e siccome non ce n’erano abbastanza per tutti hanno violentato anche i bambini e i vecchi. I Marocchini di solito aggrediscono le donne in due – uno ha un rapporto normale, mentre l’altro la sodomizza.» Riporto un’altra testimonianza: «I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre da altri militari veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza, e al genitore, poiché un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi.»

Su questi fatti esiste anche una nota dei Carabinieri, del 25 giugno 1944, a ricordo delle bestialità delle truppe marocchine: «infuriarono contro quelle popolazioni terrorizzandole. Numerosissime donne, ragazze e bambine vennero violentate, spesso ripetutamente, da soldati in preda a sfrenata esaltazione sessuale e sadica, che molte volte costrinsero con la forza i genitori e i mariti ad assistere a tale scempio. Sempre ad opera dei soldati marocchini vennero rapinati innumerevoli cittadini di tutti i loro averi e del bestiame. Numerose abitazioni vennero saccheggiate e spesso devastate e incendiate.» Non posso proporre tutte le testimonianze, alcune non posso tralasciarle: « incontrarono per strada un ragazzino di 14 anni Anastasio Gigli. I gourmiers chiesero con gesti e un francese "Italianizzato" ad Anastasio dove potevano trovare una fontana d'acqua; appena Anastasio si voltò per indicare la strada, i Marocchini lo immobilizzarono velocemente. Non sappiamo se Anastasio è stato violentato, non abbiamo nessuna prova o testimonianza, ma senza dubbio i momenti successivi alla "cattura" devono essere stati terribili. La sorella d’Anastasio non vedendolo rientrare iniziò subito le ricerche, alcuni testimoni riferirono di aver visto dei marocchini dirigersi verso l'ospedale di Priverno (7 km da Roccagorga) con una persona avvolta in un lenzuolo bianco inzuppato di sangue e trascinato come un sacco di patate. In quel lenzuolo bianco era avvolto Anastasio, oramai senza più vita. I medici riferirono di una ferita mortale da arma da taglio (baionetta) all'addome.»

La prossima testimonianza è tratta dal volume Esperienza bellica e mutamenti sociali. L'impatto della guerra sulla popolazione civile del Frusinate 1943-1948, del professor Tommaso Baris: “Nui aspettavamo gli liberatori, arrivettero chigli da n’auta razza. Erano brutti, parevano gli diavoli. Ce rubettero chigliu poche che c’era rimasto e facettero tanto scempio della populazione… C’avevano carta bianca agliu fronte e facettero tutte chelle sporcizie agli omene e alle femmene… una strage. Chisti marocchini erano sporchi, come alle bestie. Erano niri con gli occie rusci, con gli ‘recchini agliu nase… na montagna piena, sbucavano da tutte le parte, pigliavano tutte le donne che incuntravano e se le purtavano alla boscaglia, passavano in colonna in mieso a nui… addò vuò scappà?… Nui le semo incontrati per la via e pure in mieso alla strada se pigliavano le femmene. Gli omene anziani che stavano con nui nun ce putevano soccorre pecchè loro erano assai e ammazzavano chilli che difendevano le donne…C’erano gli graduati che erano bianchi, francisi e non gli dicevano gniente. Iemmo a fa commedia agliu commando… ce dissero che per fa ì annanzi gli marocchini li avevano dovuti dà “carta bianca”. Solo alla fine, dopo tre iuorni, gli tolsero sta carta bianca”.

Vi propongo un’ultima, dolorosa, testimonianza: «Tre soldati marocchini hanno completato il loro turno d’esercitazione e si avviano verso la baracca della mensa. Parlano tra loro, Lorenzo esce allo scoperto e li saluta in arabo. I tre restano sorpresi, poi, sorridendo, si avvicinano al bambino ed uno di essi lo carezza sui fianchi e sulle cosce. Lorenzo allora comprende il suo fatale errore ed inizia a correre urlando: “Mario resta nascosto, dopo scappa via ed avverti mia madre”. I tre non capiscono le parole di Lorenzo, ma lo inseguono e si allontanano da dove è nascosto Mario che attraverso il foro del recinto riesce a uscire e mettersi in salvo. Arriva a casa di Lorenzo, ma la porta è chiusa, Fedora non è ancora tornata. Si siede sul primo gradino ed aspetta piangendo. Trascorre un’ora. Un contadino di Cardito trova Lorenzo seminudo, ricoperto di sangue, abbandonato in un viottolo di campagna, non lontano dal campo dei marocchini. Lo porta in Ospedale. Il referto riporta: stato di choc, ferite lacero contuse sul viso, sulle gambe e sulla schiena, lacerazioni nella zona anale da penetrazioni multiple, lacerazioni delle corde vocali da penetrazione orale, i denti completamente rotti per evitare morsi difensivi. Da qual giorno Lorenzo non disse più una parola.»

Torniamo al volantino che permise tutto questo: l’originale non è mai stato trovato, anche se sappiamo che ai soldati marocchini fu concesso il diritto di preda.  Un dubbio ritrovato negli scritti mi ha colpito: se il volantino non fosse mai esistito?  Se fosse stato inventato per far ricadere la colpa sul Generale Juin e circoscrivere le violenze dei marocchini – con algerini, tunisini e senegalesi al seguito – a quelle 50 ore? Sappiamo perfettamente che questo non corrisponde al vero. Le violenze iniziarono in Sicilia subito dopo lo sbarco del 1943 e proseguirono nel Lazio ed in Toscana sino allo spostamento della guarnigione marocchina in Provenza. Gli stessi soldati furono impiegati nell’aprile del 1945 in Germania, dove avvennero eventi analoghi con violenze su donne e bambine. Per quanto riguarda la Sicilia vi propongo un brano tratto dal blog delle vittime delle marocchinate: «Mentre i combattimenti continuavano a impegnare la prima linea, a Capizzi invece si verificava una singolare guerra privata tra marocchini e capitini. I goumiers erano facilmente riconoscibili dal loro vestiario, indossavano infatti un ampio camicione, il cosiddetto barracano, e portavano i capelli intrecciati e unti. I capitini dopo un primo momento di sgomento iniziarono a reagire: alcuni goumiers vennero bastonati, ad altri venne invece mostrata una corda per intimorirli, temevano infatti la morte per impiccagione che, secondo le loro credenze, avrebbe impedito alla loro anima di giungere in paradiso. Molti vennero impiccati o uccisi a colpi di accetta. In contrada Salice due goumiers furono impiccati e lasciati a penzolare su due alberi.» Vi sono testimonianze molto forti – personalmente le ritengo incredibili – sulla scelleratezza del comando militare alleato: «A Pico gli americani arrivarono mentre i goumiers stavano violentando in piazza donne e bambini. I soldati cercarono di intervenire ma gli ufficiali li bloccarono dicendo che non erano lì a fare la guerra ai marocchini ma ai tedeschi.»

In altre circostanze i soldati alleati – in questo caso del contingente canadese – riuscirono a soccorrere le donne ed i bambini prede della fame sessuale delle truppe marocchine. Il 12 giugno del 1944 Pio XII sollecitò Charles de Gaulle a prendere provvedimenti. Questi – in pratica – scaricò la colpa sul generale del contingente francese. La Chiesa, tramite il cardinale francese Tisserant, rinnovò i solleciti. Il generale Juin rispose che avevano fucilato 15 soldati marocchini accusati degli stupri.

Una stima dello stupro di massa è stata avanzata dal presidente dell’associazione nazionale delle vittime delle marocchinate, Emiliano Ciotti: «Dalle numerose documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono un minimo di 20.000 casi accertati di violenze, numero che comunque non rispecchia la verità; diversi referti medici dell'epoca riferirono che un terzo delle donne violentate, sia per vergogna o pudore, preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal "Corpo di Spedizione Francese", che iniziò le proprie attività in Sicilia e le terminò alle porte di Firenze, possiamo affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, e ben 18.000 violenze carnali. I soldati magrebini mediamente stupravano in gruppi da 2 (due) o 3 (tre), ma abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100, 200 e 300 magrebini »

Il nostro paese non ha memoria. 
Siamo un popolo che non ha il coraggio di ricordare. 
Nei libri di scuola tutto questo non appare, come dimenticati – volutamente – sono gli eventi relativi alle Pasque Piemontesi, al Sacro Macello, alla strage dei bimbi della scuola di Gorla ed altri eventi dolorosi che non rispettano il politically correct. 
Non dobbiamo offendere i liberatori. 
Non possiamo parlare male degli alleati, qualunque essi siano. 
Noi siamo tenuti a ricordare sempre, a ricordare tutto.


3 commenti:

  1. Grazie sei stato di parola. Questo articolo dovrebbero pubblicarlo su Repubblica per renderne edotti i pididioti. Chi non conosce la storia è condannato a riviverla! Ora noi questa gente la raccogliamo a braccia aperte. In Congo ora sta accadendo lo stesso. Ma noi li vogliamo tutti.

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  2. Non capisco perché questo non c'è sui libri di scuola. Se è accaduto realmente ed è documentato! Che, hanno paura di traumatizzare i ragazzini? O hanno paura della verità?

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    1. Per quanti decenni in Italia non si è saputo niente delle foibe?

      Tu hai mai sentito parlare dell'eccidio di Porzus?

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