venerdì 10 novembre 2017

L’antica recita del lupo, dell’agnello e del pastore


Se siamo anime che vengono sulla Terra per fare esperienza, i tre personaggi che vado a descrivere hanno tratto ciascuno un insegnamento dalle proprie azioni. La pecorella ha imparato che questo è il pianeta della causa e dell’effetto. Il lupo ha imparato (ne ha avuto conferma) che questo è il pianeta dei rapporti di forza. Il pastore d’anime ha imparato che cercare di contrastare le due leggi della causa-effetto e dell’Homo homini lupus è fatica sprecata. Ubi major, minor cessat e il pastore ora sa che le leggi della sopraffazione sono molto più forti delle leggi dell’amore e della compassione. Eppure, il pastore sa che appartarsi con una ragazza ubriaca e mettersi a decantare poesie è infinitamente più giusto e più bello che strapparle di dosso i vestiti, spingerla a terra sotto un albero, riempirle la faccia di pugni e inserire a forza il proprio organo genitale nel suo. Anche il magrebino lo sa, ma non se ne cura perché il suo testo sacro gliene ha dato avallo e autorizzazione e per lui, secondo la sua personale valutazione dell’ubi major, minor cessat, un brutale rapporto sessuale non consenziente è preferibile alla declamazione di inutili poesie. Anche la ragazza ora lo sa.


Indi per cui, siccome tutt’e tre le anime lo hanno sperimentato de visu, potrebbero benissimo lasciare questo pianeta prigione e tornarsene da dove sono venute, in seno alla Grande Anima Mundi che qui ce le ha mandate, ma nessuna delle tre lo farà. Non è ancora arrivato il loro momento. Nel frattempo, a questa scabrosa storia, vanno aggiunti altri particolari, soprattutto per quanto riguarda i personaggi nascosti, i convitati di pietra, che non dicono niente ma che fanno ugualmente pesare la loro presenza ingombrante: i disagi adolescenziali della pecorella e le rispettive culture dei due protagonisti maschi della vicenda. Il lupo predatore riteneva fosse suo diritto approfittare di una pecora ubriaca, mentre il pastore custode d’anime riteneva fosse suo diritto istituzionale impartire lezioni di vita a un membro del suo gregge.

La pecorella in cerca di sballo veniva da un contesto sociale intriso del concetto di peccaminosità e aveva interiorizzato l’idea che sesso e politica sono cose sporche. Siccome qui la politica non c’entra, la ragazza si era ubriacata per avere il pretesto di uscire dalla gabbia mentale dell’educazione morale ricevuta e per fare l’esperienza della trasgressione. Ci è riuscita. A suo danno.

Il nordafricano veniva da un contesto tribale intriso del concetto di superiorità etnica nei confronti dei crociati che vivono sulla sponda settentrionale del Mediterraneo, nei confronti dei quali – ipse dixit Mohamed – tutto è lecito.

Il prete crociato veniva da un contesto sociale in cui oltre alla Bibbia aveva studiato i filosofi classici pagani che, con il loro buon senso, hanno avvertito chiunque voglia stare ad ascoltarli che chi semina vento, miete tempesta. Se tu, pecorella di sesso femminile, riduci per droga o per alcol le tue capacità di vigilanza difensiva e ti allontani dalla protezione del gregge insieme a un lupacchiotto ingrifato, poi non venire a lamentarti se ti ritrovi seminuda, con i vestiti strappati e magari anche inseminata. Gli autori classici greci e latini, in quanto essi stessi anime in cerca d’esperienza, sono passati prima di noi attraverso queste vicende e lo avrebbero facilmente sottoscritto. Il sacerdote non ha fatto altro che riportare le loro sagge parole. 

Ma il sacerdote non si è accorto che i tempi sono cambiati, che ora viviamo in un periodo storico dove la verità è disprezzata e in cui – Papa Bergoglio insegna – i musulmani sono nostri fratelli, anche quelli che stuprano le nostre pecorelle. E qui infatti salta fuori il convitato di pietra che, con il suo sguardo raggelante, sgrida il prete e lo colpevolizza per aver detto un’ovvietà. La curia lo ha redarguito e il buon pastore d’anime, non volendo perdere il suo posto di lavoro nel mondo – e non volendo fare l’esperienza dell’ostracismo – si è dichiarato pentito di aver detto che il re è nudo e che gli africani, semiti o camiti che siano, sono da considerare tutti stupratori potenziali di femmine caucasiche.


Morale della favola. I padroni del mondo, nonché reggitori di popoli e propagandisti di realtà virtuale ma non virtuosa, vogliono che si abbia un occhio di riguardo per i predatori nostri ospiti, vogliono che i saggi pastori siano messi a tacere e che le vittime di stupro vadano con Dio. Alla fine, che è anche un inizio, vissero tutti infelici e scontenti. Come previsione, poiché anch’io mi considero un pastore d’anime, benché laico e blogger, mi permetto di pronosticare che i lupi predatori sessuali e le pecore vittime di stupro aumenteranno progressivamente di numero, mentre i pastori cassandre saranno messi a tacere finché il loro lamento sarà sempre più flebile e si estinguerà. Come conseguenza di tutto ciò, nel caos generale, i parenti delle vittime si faranno giustizia da soli, e molti lupi verranno appesi alle pensiline delle fermate dell’autobus, ma anche i membri del clan lupesco non staranno a guardare e reagiranno a loro volta, spalleggiati dal loro osceno testo sacro. E sarà la guerra civile. L’antica guerra tra pecore e lupi, in versione moderna.

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