mercoledì 24 gennaio 2018

Il culo delle cipolle



Narendra Modi, presidente dell’India, a Davos critica Trump per la sua politica protezionista. Modi tira l’acqua al suo mulino, per lo meno al mulino delle multinazionali, ma Trump, mettendo dazi alle dogane americane, fa la stessa cosa. Noi italiani, schiavi della Giudeo-america, dovremmo tirare l’acqua al nostro mulino e salvare dal fallimento i coltivatori di agrumi siciliani e quelli di riso di Vercelli, ma non lo facciamo appunto perché siamo schiavi dei giudei proprietari di multinazionali. Io non voglio trovare in vendita alla COOP le cipolle della Nuova Zelanda, perché far venire cipolle dagli antipodi, con tutto il gasolio che serve per far navigare le navi attraverso mezzo mondo, è una delle cose più stupide che si possano fare. E siccome la stupidità, quando la nostra specie si pone in rapporto con gli ecosistemi, è quella che ci porterà dritto dritto all’estinzione, il mio istinto di sopravvivenza m’impone di combattere la stupidità umana in tutte le sue forme, compresa quella che va sotto il nome di globalizzazione. Modi, servo della Monsanto che gli uccide migliaia di contadini, può dire quello che vuole, anche in un incontro in mezzo alla neve in Svizzera, ma nessuno mi convincerà che far venire in Italia le arance dal Sudafrica o il riso dalla Cina sia una cosa intelligente. 


Intelligente sarebbe che un’economia florida chiami mano d’opera se ne ha bisogno, ma l’Italia non ne ha bisogno e in questo periodo l’economia italiana è tutto meno che florida. Di modo che, se una cipolla neozelandese vuole venire in Italia, può farlo con un visto turistico. Va a vedere Roma, Firenze e Venezia e poi se ne torna a casetta sua. Se non se ne vuole più andare perché magari le piace il nostro clima e il nostro cibo, ce la mandiamo a calci in culo, ammesso che in una cipolla lo si riesca a trovare. Idem con l’uvetta sultanina del Cile e i Mandingo del Senegal. In Italia non c’è lavoro. E’ inutile che lo veniate a cercare qua. Cipolla avvisata mezzo salvata.

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