giovedì 8 febbraio 2018

Un placido animale cornuto che non c'entra niente con gli inganni umani














Campagne elettorali minacciate da fake news? Complotti di tenebrose potenze straniere “attestati” da enigmatici diagrammi sventolati da debunker di regime? Buffonate! Finalmente una ricerca seria - e, sopratutto, basata su dati facilmente verificabili – fa piazza pulita della paranoia e dalla campagna maccartista Boldrini&company che sta comportando l’esclusione dai social di innumerevoli articoli non in riga con la narrazione dominante. Come quelli de l’AntidiplomaticoLa ricerca “Measuring the reach of "fake news" and online disinformation in Europe”, commissionata dal Reuters Institute for the study of Journalism dell’Università di Oxford analizza il percorso, in Francia e in Italia, di post prodotti da siti “acchiappa-click”, specializzati, cioè, nella diffusione di clamorose quanto inverosimili “notizie” destinate a veicolare un fiume di pubblicità. Secondo la ricerca, questi siti hanno avuto, nel 2017, una davvero bassa copertura media mensile oscillante intorno all’1%; in confronto, siti come Le Figaro, in Francia, e Repubblica, in Italia, hanno avuto, rispettivamente, una copertura media mensile del 22,3% e del 50,9%.



Analogo divario confrontando il tempo speso a leggere “notizie” clamorosamente false (diffuse dai 20 più importanti siti acchiappa-click) con notizie, per lo più false, diffuse da blasonati siti main stream: appena 10 milioni di minuti al mese per i primi ; sul solo Le Monde, ogni mese, 178 milioni di minuti; 443 milioni di minuti su La Repubblica. Conclusione della ricerca (che qui potete leggere integralmente in lingua inglese): “le notizie false hanno una portata più limitata di quanto talvolta si presuma”.


La ricerca, nonostante sia stata commissionata dalla Reuters (forse, la più importante agenzia giornalistica del mondo), è stata quasi ignorata dai media italiani. E al di là di un servizio pubblicato da Dagospia (dal pacato titolo: “Avete rotto il cazzo con le fake news: le ”bufale” raggiungono solo il 3% degli italiani online”) gli articoli a riguardo, finora, sono sostanzialmente due. Il primo è clamorosamente equilibrato, considerato che viene pubblicato da “Il Corriere della Sera”; auguriamo, quindi al coraggioso redattore una sorte migliore di quella toccata al suo collega di Repubblica colpevole di avere infranto un altro dogma. Il secondo articolo - pubblicato dal sito filo PD Giornalettismo – invece, si arrampica sugli specchi per contestare la ricerca: “Il problema, però, è rappresentato dalle interazioni sui social network. Qui le cose cambiano e non poco. Ben otto siti tra i venti presi in considerazione dalla ricerca superano il numero delle interazioni mensili di un sito «certificato» come quello di rainews24.it.” Ma è ovvio che “notizie”, a dir poco, improbabili e certamente clamorose, create solo per raccattare click e pubblicità, spingano innumerevoli sempliciotti a scambiarsele con loro pari su Facebook. Se mai, Giornalettismo avrebbe fatto meglio a chiedersi perché mai il sito rainews24.it (che imbarca legioni di giornalisti capaci di pubblicare “notizie” come questa o questa o questa) raccolga “solo 160.00 interazioni al mese su Facebook”.

Ma vuoi vedere che anche la crisi dei quotidiani e dei siti di regime è colpa delle fake news?

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