lunedì 7 maggio 2018

Quelli che scappano veramente dalla guerra sono i Boeri


Nessuno lo dice, i governi occidentali lo ignorano volentieri, ma quanto sta avvenendo in Sud  Africa deve essere urlato dai tetti. Non fosse altro che per il timore che il Sud Africa di oggi potrebbe essere l’Europa di domani. Cosa accade? I cari vecchi Xhosa della pace arcobaleno dello zio Mandela stanno massacrando i Boeri, che, per la cronaca, stavano in quella regione semidisabitata prima degli Inglesi e prima dell’immigrazione incontrollata di africani neri, ovvero il sottogruppo Bantù chiamato Zulù. Ma a nessuno importa dei bianchi africani. Dove stanno le ONG della salvezza? Se vengono stuprate delle  – presunte ricche – ragazze bianche non importa alle anime belle del politically correct.

Come hanno ridotto alla miseria, al colera e alla disperazione senza ritorno il granaio dell’Africa, la Rhodesia, ora stanno precipitando la potenza nucleare afrikaans nel terzo o chissà quarto mondo, presto per dirlo, ma certo precipiteranno. Cosa accade quindi nel glorioso Sud Africa delle vuvuzelas, il più sofisticato strumento musicale mai prodotto dal genio nero? Succede che nelle centrali di polizia, ormai occupate da soli neri, si dorme. Ragion per cui nessuno accorrerà a salvare le suddette ragazze afrikaaner, ma nemmeno le nonne e, perché no, i bambini, dallo stupro e dalla strage nelle fattorie dei bianchi che, fino a prova contraria producono l’unico cibo esistente nel paese del successo nero. E già si comincia a importare.
Succede anche altro, succede che, se un nero guidando male magari provoca un incidente stradale con un bianco e quest’ultimo, per un sussulto di moralità, osa lamentarsi, verrà quasi certamente accoltellato nell’indifferenza generale, come successo a Potchefstroom, la vecchia capitale del Transvaal.
Succede che nel Paese delle opportunità se un bianco sta pesando la frutta al supermercato delle opportunità e, distratto dal prezzo, magari si dimentica di rimanere guardingo, può venire opportunamente accoltellato alla schiena solo in quanto bianco.
Oppure accade che nelle buone scuole del nuovo Sud Africa i bambini bianchi vengano picchiati dai compagni neri, molto più numerosi, senza che il personale alzi un dito. Succede. Succede alla faccia dell’Apartheid, il vecchio regime razzista dei bianchi, sotto il quale queste cose non accadevano. Non accadeva ai discriminati di vivere barricati peggio che in galera.
Nel nuovo Sud Africa delle parità le agenzie di collocamento, gestite unicamente da persone di colore, i bianchi non trovano lavoro semplicemente perché non-neri. Altro esempio: la Sud Africa Airways è un fallimento completo che non è stato in grado di mantenere la testa fuori dall’acqua per oltre un decennio. Altro che volare. Anche se esistono ingegneri sudafricani con un’esperienza molto ricercata, la SA si rifiuta di assumerli: perché sono bianchi.
È possibile osservare il crollo dell’intero Paese dei diamanti scrutando attraverso il riflesso di una delle sue capitali: Joburg la città dell’oro. Il fallimento Johannesburg significa Sud Africa in fallimento. E il castone di questa pietra è il “The Carlton Hotel”, l’hotel a cinque stelle – a forma di Y rovesciata che si affacciava sul Carlton Centre, l’edificio più alto dell’Africa, una volta fiore all’occhiello nel mondo dell’edilizia, un ricco status symbol per Johannesburg, oltre che uno stabilimento di fama internazionale. L’hotel da 600 camere, costruito in sette anni, venne aperto nel 1972 e chiuso nel 1997 (oggi è abbandonato) perché era diventato troppo pericoloso per i clienti rimanere lì, nel caso avessero osato avventurarsi nelle strade circostanti.
Cosa è successo alla città più prospera e avanzata dell’Africa?
La città non consiste più in una rete integrata di strade e quartieri, ma piuttosto in una serie di vie, diciamo arteriose, che danno accesso a una proliferazione di “cluster” racchiusi da alte mura e recinzioni di sicurezza. Fuori immondizie e degrado.
Non solo. Nelle zone agrarie accade di peggio.
Dall’avvento al potere di Nelson Mandela a oggi pare siano stati massacrati quasi 70.000 bianchi, per odio razziale. Non è la povertà il fattore scatenante, ma l’odio: prendiamo in considerazione che la gente bianca costituisce solo il 9% (4.500.000) della popolazione del Sud Africa e il tasso di omicidi di nero-su-bianco è del 95% del totale.
Gli episodi sono moltissimi e regolarmente riportati dai canali d’informazione locale. Il caso più famoso riguarda quanto successo qualche tempo fa alla famiglia Potgieter: Attie, il papà, torturato pugnalato 151 volte, la moglie torturata a morte e il piccolo Willemien, soli 2 anni, immerso nel sangue dei genitori e poi ucciso con un colpo di pistola alla testa. Poteva andar peggio, il bambino poteva finire bollito come è successo a un altro ragazzo. Molto più recente, l’omicidio della bella Hannah Cornelius, stuprata, strangolata e scaricata in un campo. Si è salvata invece la signora di Ermelo cui hanno amputato le dita dei piedi per gioco. Il Sud Africa ha il più alto tasso di stupri al mondo e il secondo più alto tasso di omicidi, la qual cosa rende il Paese più pericoloso rispetto alla maggior parte dell’Iraq.
“Quando è stata l’ultima volta che hai letto dei bianchi che irrompevano nelle case dei neri, aggredendo brutalmente e uccidendo i neri anziani nei loro letti?” chiede con un commento internet un cittadino che non si sa se definire più ingenuo che sbigottito. Qualcuno prova a difendersi. Molti si rinchiudono in villaggi blindati come la bella realtà di “Orania”, di cui varrebbe la pena parlare. Tuttavia, fare domanda per una pistola in Sud Africa è un incubo burocratico che finisce quasi sempre nel fallimento, anche se ormai possedere almeno un’arma, più che necessario, è vitale in ogni azienda agricola. Tutto ciò, sia chiaro, nella stessa repubblica in cui la polizia perde 1.000 pistole l’anno, che finiscono opportunamente in mani criminali.
Potremmo continuare così per quasi settantamila volte. Tutti zitti i giornali radical-chic italiani. Gli stessi che fecero risolini derubricando a folklore l’assassinio dell’attivista bianco Terrè-Blanche o che forse, in preda ad auto-razzismo, pensano che stia bene così.
Le ultime elezioni, tenutesi nel febbraio scorso a seguito della caduta del presidente Jacob Zouma, dimessosi e agli arresti per corruzione, hanno visto la vittoria del candidato di colore Matamela Cyril Ramaphosa (Soweto 1952) avvocato, politico, sindacalista e Gran Consigliere dell’Ordine del Baobab, ex vice primo ministro. Se la levatura politica del corrotto Zouma è grosso modo riassumibile nella vignetta che lo ritrae con una cuffia da doccia in testa, in riferimento a quella volta che si giustificò, nel corso di un precedente processo (fra l’altro vinto) per lo stupro di una giovane donna sieropositiva, affermando di essersi protetto dall’hiv facendosi una doccia, il primo provvedimento preso dal nuovo governo è la legge sull’esproprio delle terre ai bianchi per regalarle ai neri.
D’altra parte Julius Malema, il leader di un altro partito del black power, quello dei “Combattenti per la libertà economica” (altro nome per i soliti comunisti), descritto dall’ex presidente Zouma come futuro padre del Sud Africa ha rassicurato: “I bianchi dovrebbero essere felici, non abbiamo chiesto il genocidio”, per ora. Testualmente: “Whites must be happy we are not calling for genocide”.
La verità è che la “zimbabwizzazione” nazionale è ineluttabile, mentre i bianchi non hanno un futuro in Sud Africa. Chi ne ha la possibilità sta scappando in Australia o in Nuova Zelanda, gli altri aspettano il loro turno. Salviamoli.
Volete l’immigrazione africana? Benissimo: il governo organizzi subito un ponte aereo per salvare la vita a 800.000  potenziali profughi Boeri – la cifra è per difetto, perché nei campi abusivi, allestiti nei parchi in cui i loro nonni li portavano per i pic-nic dei giorni di festa, ci sono già circa 450.000 persone in condizioni igieniche precarie. Sono bravi medici, ottimi contadini, artigiani e professori. Ma, soprattutto, non stuprano, né fanno a pezzi ragazze italiane per mangiarle o metterle nei trolley.

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